di Lapo Mazzei
Retroscenisti, dietrologisti, avventizzi e compagnia cantante stavolta potranno dormire sonni tranquilli. Perché della giornata di ieri, strana e importante al contempo, ci porteremo dietro un dato di fatto inequivocabile: l’ira del Cavaliere. Certo, ognuno la declinerà a seconda del proprio angolo di visione e altrettanto si potrà fare con la gradazione dell’incazzatura, ma il fatto che Silvio Berlusconi abbia fatto saltare il pranzo con i ministri è un punto comune a tutti. Segno che il voto palese, deciso dalla giunta del Senato, rappresenta un punto di non ritorno. Tanto per l’ex presidente del Consiglio, quanto per l’intero Pdl. Il pranzo saltato era in programma da giorni e doveva servire a fare il punto ulla legge di stabilità, ovvero come aggredirla in Aula. Ma la colazione di lavoro, confermata anche da Berlusconi ad Alfano, non c’è stata. “Il fatto è che Berlusconi non ha più nulla da dire ai governativi” sibila un big azzurro, confermando l’incazzatura del Cav e il relativo panico di alcuni ministri, Quagliariello e Lorenzin in particolare. Salta il pranzo con i ministri del Pdl ma non salta il vertice con i duri del partito. A palazzo Grazioli sono andati sia Sandro Bondi che Denis Verdini, i due coordinatori del partito, raggiunti poco dopo da Gianni Letta.
Impossibile sapere qualcosa dai diretti interessati, essendo noto il loro riserbo. Ma è evidente a tutti che il tema del vertice sia stato la decisione del Senato e il modo con il quale aggredire la questione. Una traccia, però, la offre Bondi con una nota al curaro consegnata alle agenzie dopo il summit con il Capo. “Se una maggioranza comprendente il Pdl avesse imposto uno stravolgimento del regolamento parlamentare alla vigilia del voto riguardante un leader della sinistra, le piazze sarebbero in fiamme e le istituzioni sarebbero sotto assedio”, afferma l’esponente azzurro. “E noi invece che facciamo? Ci limitiamo a delle belle dichiarazioni di facciata, più o meno sentite. Probabilmente – lo ripeto una seconda volta – fanno bene a trattarci così, perché non dimostriamo alcuna fede politica autentica e nessuna vera convinzione”. Dunque ciò che andava prefigurando Berlusconi (“se mi votano la decadenza si va al voto”), rischia di materializzarsi ancor prima che il gallo canti. Tutto ciò ovviamente potrà anche avere un prezzo particolarmente alto, ma nessuno degli azzurri sembra disposto a stare a guardare. E se fra alfaniani è allarme rosso, consapevoli del fatto che il Cavaliere sembra determinato ad alzare il tiro (tanto da tornare a parlare di scissione interna), è altrettanto vero che tutti ora attendono un colpo d’ala di Angelino Alfano, che ha avuto un colloquio molto franco con l’ex premier, conclusosi con un nulla di fatto. Nel mezzo a tutto questo c’è anche un documento politico. Ieri ne è circolata una bozza ma ancora non esiste una versione definitiva, anche perché manca la firma di Alfano. Il perché è presto detto. Berlusconi ieri sera ha visto Raffaele Fitto, che gli ha chiesto l’anticipo del Consiglio nazionale del Pdl in modo da accelerare la resa dei conti. Potrebbe essere la chiave di volta di tutto. L’ex ministro ormai è lanciato come un treno in corsa e difficilmente Alfano riuscirà a contrastarlo sul terreno dell’attendisimo e del tatticismo esasperato. Anche Berlusconi vuole una posizione netta: o come o contro di me. Anche non va dimenticato un particolare: il giorno in cui a Palazzo Madama si dovrà votare sulla decadenza del Cav. da membro del Senato 20 senatori del plenum potrebbero chiedere il voto segreto. Su tale richiesta dovrebbe essere il presidente del Senato Pietro Grasso a decidere.
Una decisione che, per il costituzionalista ed ex senatore Stefano Ceccanti, probabilmente andrebbe a confermare la scelta del voto palese fatta dalla giunta per il Regolamento o potrebbe portare a sentire nuovamente la giunta stessa, che però, se non si verificano cambiamenti di orientamento al suo interno, si esprimerebbe nuovamente per la votazione palese. E almeno su questo Alfano ha ancora una freccia al suo arco: “In sede parlamentare, lì dove si è consumato questo sopruso, sarà battaglia per ripristinare il diritto alla democrazia”. Ma basterà tutto questo a placare l’ira del Cav e la rabbia repressa dei falchi che aspettano solo il momento di colpire? Difficile dirlo. Ancor più difficile capire come andrà a finire.