Bonaccini contro la Plastic tax. Così ha un alibi se perde in Emilia. Il governatore uscente del Pd sposa la tesi di Renzi. I 5S li gelano: loro pensano al voto, gli statisti al futuro

Che la manovra che ha disinnescato la bomba di un aumento dell’Iva da 23 miliardi, che darà più soldi a lavoratori, famiglie, imprese, disabili, cittadini che usano moneta elettronica, che salva Reddito di cittadinanza e Quota 100, passi come la “manovra delle tasse” è inconcepibile per il premier. Un racconto bugiardo solo “per alcune specifiche e limitate misure volte a tutelare l’ambiente, la salute dei cittadini e che danno un indirizzo green al paese, come la plastic tax e la modifica degli sgravi fiscali sulle auto aziendali più inquinanti”.

DUBBI E PERPLESSITA’. E allora che fare? Palazzo Chigi non ha dubbi: si incontrino subito le aziende coinvolte e gli esperti del settore per “un confronto volto a rendere ancora più efficaci e sostenibili queste misure riducendo eventualmente l’impatto”. L’intenzione è dare una svolta green, non punire qualcuno. Ma se anche per la cantautrice siciliana Carmen Consoli è inaccettabile “un amore di plastica”, per il senatore fiorentino la battaglia per un mondo meno inquinato può attendere. Eppure proprio Matteo Renzi, a suo tempo, aveva difeso l’introduzione dei sacchetti in plastica biodegradabile e compostabile, rigorosamente a pagamento, per frutta e verdura nei supermercati. Ma le ragioni di una battaglia ecologista evidentemente sono venute meno.

E nella battaglia contro la plastic tax Italia viva trova un alleato nel Pd. Si tratta di Stefano Bonaccini (nella foto), in corsa per il bis alla presidenza della Regione Emilia-Romagna. Il governatore ha lanciato il suo sos: con il giro di vite sulle auto aziendali ma soprattutto con la tassa sulla plastica, ha detto, si rischia di perdere le elezioni. Un modo, forse, per mettere le mani avanti e costruirsi un alibi. Fatto sta che Bonaccini fa sue le argomentazioni degli industriali contro una tassa, dichiara Confindustria Emilia, che va a colpire in modo particolare il territorio emiliano-romagnolo, culla della packaging valley, che ha un fatturato annuo di 5 miliardi di euro, pari al 63% del giro di affari nazionale.

Ma il Pd ha già preso posizione sulla questione con big come Andrea Orlando, Paolo Gentiloni e i ministri Roberto Gualtieri, Giuseppe Provenzano, Enzo Amendola. Pur aprendo alla possibilità di modificare la plastic tax, i dem l’hanno sempre difesa. L’ex ministro dell’Ambiente ha parlato di “interessi consolidati” messi in discussione da “una manovra fortemente ecologista ma allo stesso tempo equa”. L’ex premier ha sostenuto che “la lotta al cambiamento climatico non può attendere”. “Sono tutti ambientalisti con la plastica degli altri”, ha ironizzato il ministro per gli Affari europei. Il numero uno del Mef l’ha definita “giusta” anche se si è detto pronto a “rimodularla”. Ma soprattutto ne fa una battaglia identitaria il M5S.

INDIETRO NON SI TORNA. “La plastic tax è prima di tutto una tassa che aiuta l’Italia a convertire la propria produzione e a inquinare di meno”, dichiara da Shanghai Luigi Di Maio. “Oggi il dibattito è se farla partire o se fa perdere voti. Io dico soltanto che i politici guardano alle prossime elezioni, gli statisti alle prossime generazioni”. Verrà sicuramente rivista, dunque, ma difficilmente si potrà cancellarla. Se questo avvenisse sarebbe una resa a Renzi e soprattutto significherebbe rinnegare misure utili all’ambiente e alla salute. Oltre a creare un buco non da poco. Dei due miliardi attesi dalle microtasse per il prossimo anno la parte del leone la fa proprio la plastic tax da cui ci si attende, in termini di gettito, oltre un miliardo solo nel 2020.