Un milione di contagiati ma Brunetta non cambia idea sullo smart working. Il ministro replica ai sindacati: “Le norme già permettono ampia flessibilità”

Per il ministro della Funzione pubblica, le norme già permettono ampia flessibilità per organizzare il lavoro in presenza e in smart working.

Non si torna allo smart working. Nonostante l’aumento vertiginoso dei contagi – gli attualmente positivi sono oltre 1 milione – e i ripetuti inviti dei sindacati, e non ultimo anche quello del M5S (leggi l’articolo), il ministro della Funzione pubblica, guidato da Renato Brunetta, non cambia idea.

“La linea fin qui seguita dal Governo – scrive in una nota il Dipartimento della funzione pubblica -, grazie alle vaccinazioni, al Green Pass e al super Green Pass, ha reso pienamente compatibile il massimo livello di apertura delle attività economiche, sociali e culturali con il massimo livello di sicurezza sanitaria. Con riferimento alla richiesta di smart working da parte di alcune sigle sindacali del pubblico impiego, ricordiamo che la normativa e le regole attuali già permettono ampia flessibilità per organizzare sia la presenza, sia il lavoro a distanza, tanto nel lavoro pubblico quanto nel lavoro privato”.

Le amministrazioni pubbliche, aggiunge il Dipartimento guidato da Brunetta, “sulla base delle linee guida recentemente approvate con il consenso di tutti (sindacati, Governo, amministrazioni centrali e locali), possono decidere la rotazione del personale consentendo il lavoro agile anche fino al 49% sulla base di una programmazione mensile, o più lunga”.

“Ricordiamo – si legge ancora nella nota riferita allo smart working -, inoltre, che la maggior parte dei dipendenti pubblici (gli addetti della scuola, della sanità e delle forze dell’ordine, che rappresentano circa i due terzi dei 3,2 milioni totali) sono soggetti all’obbligo di vaccino e, in larghissima maggioranza, sono tenuti alla presenza”.

“Alla luce della grande flessibilità riconosciuta alle singole amministrazioni – conclude la nota – e dell’esigua minoranza di dipendenti pubblici che potrebbe realmente lavorare da casa, risulta, dunque, incomprensibile l’invocazione dello smart working per tutto il pubblico impiego. Un ‘tutti a casa’ come sperimentato, in assenza dei vaccini, durante la prima fase della pandemia nel 2020, legato al lockdown generalizzato e alla chiusura di tutte le attività economiche e di tutti i servizi, tranne quelli essenziali. Non è questa la situazione attuale”.

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