Campora: “Il decreto Caivano non serve. Dal governo solo populismo”

Parla il presidente della Camera penale, Marco Campora: "Non occorrono più pene e reati, ma più Stato".

Campora: “Il decreto Caivano non serve. Dal governo solo populismo”

Criminalità e minori, i penalisti napoletani alzano la voce: “il decreto Caivano non serve, basta con il populismo e il giustizialismo”. A dirlo in modo più netto che mai è Marco Campora, presidente della Camera penale di Napoli. Il penalista interviene nel dibattito sull’emergenza criminalità minorile, o presunta tale, dopo l’intervento del governo per i fatti del Parco Verde di fine agosto scorso e l’assassinio del musicista 24enne Giògiò in piazza Municipio. Nell’ultimo weekend si sono verificati ancora sequestri di coltelli e un 14enne è stato fermato per aver sparato colpi di pistola a salve in Galleria Umberto per “festeggiare” il suo compleanno. Sembra di stare nel Far West, insomma, ma ciò nonostante molti avvocati napoletani hanno salutato con perplessità la nomina di Nicola Gratteri a Procuratore capo della Repubblica.

Presidente, partiamo da qui: continuano a verificarsi violenze di minori armati di coltelli e pistole. Il decreto Caivano a che serve?
“Il problema criminalità a Napoli esiste in questo momento come è sempre esistito quello della devianza minorile. Parliamo di problemi cronici. Il decreto Caivano interviene dopo fatti di cronaca molto gravi, ma questo approccio allarma perché sembra che si voglia far vedere una qualche azione, e pure a costo zero. La risposta però è la solita: di volta in volta si inventano nuovi reati o pene più pesanti. Un metodo che ingolfa solo i tribunali e incide sulle lungaggini dei processi. Quello che si annuncia è un nuovo flop, com’è accaduto con la riforma Cartabia, che per ridurre i tempi del processo alla fine ha limitato le garanzie dell’imputato. Il decreto Caivano perciò non risolve il problema della sicurezza, ma offre solo l’immagine di uno Stato che reagisce, senza peraltro intervenire realmente nei quartieri a rischio e creare la credibilità delle istituzioni”.

Che altro fare?
“Bisogna restituire a chi vive nei quartieri a rischio di poter tornare a credere nello Stato, nella famiglia e nelle istituzioni locali. Abbiamo l’obbligo come intellettuali, uomini di cultura e politica di restituire una speranza a queste persone, adulti o minorenni. I giovani hanno perso completamente la speranza di essere inseriti in un contesto sociale e lavorativo. Vedono solo una doppia via d’uscita: o morire ammazzati in strada o finire in carcere. Deve essere la politica a garantire loro questa speranza e anche i sogni. L’intervento penale non è la soluzione.

Dal suo osservatorio a Napoli esiste un’emergenza criminalità, soprattutto per la violenza, o è in linea con altre metropoli?
“Non da oggi ho l’impressione che gli organi di stampa vogliano raccontare una Napoli diversa. Che la città abbia un problema di criminalità è un dato, ma è un fenomeno che esiste in tutte le metropoli italiane e del mondo. Basti vedere a Milano qual è il dato sui reati predatori. I media hanno la tendenza a raccontare una città diversa che io invece vedo in positivo. Negli ultimi dieci anni c’è stato un incremento sensibile del turismo grazie al lavoro dell’Amministrazione dell’ultimo decennio. Oggi abbiamo una Napoli che è tra le più visitate al mondo e i turisti vedono una città diversa dall’immaginario”.

Passiamo alla Giustizia. Quali sono le principali criticità che riscontrate nell’Amministrazione e per la vostra funzione di avvocati di difesa?
“Dopo alcune dichiarazioni del ministro Nordio su concorso esterno, intercettazioni e separazione delle carriere, manifesto la mia profonda delusione sulle mosse del governo. Nonostante i dibattiti pubblici, la tendenza dell’esecutivo è quella di adottare provvedimenti populisti e giustizialisti in cui si chiede continuamente più carcere e aumenti delle pene. Non è questo che serve alla giustizia. Bisogna invece ridurre il numero dei reati e avviare una massiccia depenalizzazione per avere un processo in tempi apprezzabili”.

A Napoli sta per arrivare il nuovo Procuratore Nicola Gratteri. Avete scritto una lunga lettera pubblica in cui spiegate le vostre perplessità sul profilo: perché?
“Non abbiamo timori, ma le camere penali hanno avuto interlocuzioni positive con i procuratori Melillo e Volpe. Grazei a loro è arrivato un processo di modernizzazione e di digitalizzazione che ha semplificato l’attività difensiva. Ora auspichiamo che questo metodo continui con Gratteri, per il quale non abbiamo preconcetti. Certo, la sua è una storia in controtendenza con le idee liberali e democratiche delle camere penali. Ma auspichiamo che la cultura e l’esperienza del dottor Gratteri facciano sì che il rapporto dialettico possa nascere e proseguire in maniera serena, così da permetterci di dare il nostro contributo fattivo per il miglioramento della Giustizia nel suo complesso”.

Sempre nella stessa lettera, fate riferimento al fatto che la città sta faticosamente uscendo da un periodo drammatico grazie a un tessuto di società civile e politico sano. Cosa chiede anche alle istituzioni in questo senso?
“Noi chiediamo con forza che le istituzioni si impegnino a stare vicine agli ultimi, ai quartieri popolari. La nostra città non è fatta solo di Chiaia e Posillipo, ma di una serie di quartieri che hanno molte criticità. Chiediamo uno sguardo attento per queste realtà. Se facciamo un giro tra questi rioni, come ad esempio Ponticelli, Scampia e altri ancora, io immagino librerie comunali per avvicinare i giovani alla cultura, le scuole aperte tutto il giorno, impianti sportivi che possano accogliere i ragazzi e in qualche modo possano allontanarli dai fenomeni criminali. Sono iniziative che le istituzioni devono assumere verso gli ultimi perché Napoli non è solo borghesia ma anche e soprattutto tanta gente per bene in difficoltà. Persone che abbiamo l’obbligo di reintegrare, restituendo loro una nuova vita degna. Solo così si può restituire fiducia alle istituzioni”.