Cancellieri rischia la sfiducia. Il Pd invece l’implosione

di Lapo Mazzei

A cosa serve una scissione? A dividere ciò che non poteva stare più insieme, ammesso che le cose stiano esattamente così, oppure a dare una mano a ciò che sta insieme ma solo per interesse? Ai fatti l’ardua sentenza, trattandosi del caso che ha per protagonista il ministro della Giustizia. “Abbiamo già dato il nostro sostegno al ministro Cancellieri e lo ribadiamo, confortati anche dalle notizie odierne”, sostiene il vicepremier e leader del Nuovo Centrodestra, Angelino, Alfano al termine di un incontro in Regione Lombardia con il governatore Roberto Maroni, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi. Dunque gli scissionisti, appena arrivati sulla scena, hanno già la loro risposta. Chiara e univoca. Laddove il Pd si divide c’è la supplenza del Nuovo centrodestra, un dato politico tutt’altro che secondario.

Tensione a sinistra
E per capire sino in fondo i termini della questione, al di là della reiterata richiesta avanzata dai candidati alla segreteria del Pd (Civati, Renzi, Cuperlo e Pittella) affinché il ministro tolga tutti dall’imbarazzo e presenti spontaneamente le dimissioni, c’è da registrare la scena in campo anche di quell’ala solitamente moderata del Pd. “Il caso Cancellieri non è un buon esempio per la politica”, sostiene Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, “ fermo restando che è auspicabile che su questa vicenda si faccia una riflessione anche dentro il Pd, e che questa riflessione porti a un confronto quanto meno dei gruppi parlamentari con il presidente del Consiglio, penso che volendo sempre vedere nella politica un esempio, non siamo in questo caso in quel tipo di situazione”. Riflessioni, difese d’ufficio e conclusioni, forse affrettate, dettate dalla linea scelta dalla Procura di Torino che ha confermato che “nessuno è stato iscritto nel registro degli indagati”.

Il fascicolo K
Le toghe del capoluogo piemontese hanno aperto un fascicolo “modello K”, ovvero riguardante “atti relativi a fatti nei quali non si ravvisano reati allo stato degli atti, ma che possono richiedere approfondimenti”, scrive la stessa Procura. Più comunemente noto come “modello 45”, è uno dei modelli del registro delle notizie di reato, previsti dall’articolo 335 del codice penale, nel quale vengono iscritte “le notizie non costituenti fatti di reato, la cui rivelazione non configura violazione del segreto istruttorio, non essendo idonee a mettere in moto il meccanismo delle indagini preliminari che si avvia soltanto con l’iscrizione della notizia di reato nel modello 21”, (dove vengono iscritte le notizie di reato per le quali fin dall’origine risulti individuato il nome del presunto responsabile o per le quali un possibile responsabile venga individuato dopo l’iscrizione nel registro delle notizie contro ignoti). Insomma, qualcosa è successo, ma non è grave. Basterà tutto ciò a salvare il ministro?

Favorevoli e contrari
Possibile ma non certo. Non a caso Fratelli d’Italia, l’opposizione ma non troppo della Meloni & C. presente solo alla Camera, ha deciso di adottare una linea terzista. Quella delle dimissioni “è una valutazione di opportunità che deve fare lei”, sostiene il presidente dei mini partito, Ignazio La Russa, E’un ottimo servitore dello Stato”. Già, ma è anche un’ottima amica della famiglia Ligresti come hanno testimoniato le telefonate intercettate. Chiara e netta, invece, la posizione della Lega che vuole arrivare al fondo della questione. “Dopo la richiesta di dimissioni dei 4 candidati alla segretaria del Pd e l’annuncio della mozione di sfiducia di Pippo Civati, anche Mario Monti e Massimo D’Alema scaricano il guardasigilli a cui non rimane che prendere atto che pezzi significativi della sua stessa maggioranza la invitano a fare un passo indietro”, afferma Nicola Molteni, capogruppo della Lega Nord in commissione giustizia a Montecitorio, “la fiducia e il sostegno politico invocato dal ministro il 5 novembre, giorno dell’informativa alle Camere, è pertanto palesemente venuta a mancare”. “Un governo che in sette mesi non ha migliorato la giustizia” spiega l’esponente del Carroccio, “non ha ridotto i tempi di celebrazione dei processi, ha messo in ginocchio l’efficienza del sistema con la chiusura di 1000 uffici giudiziari e ha approvato svuota-carceri e indulti mascherati merita solo di levare il disturbo”, conclude.

Il giorno del giudizio
E domani c’è la prova dell’Aula. All’ordine del giorno della Camera c’è la mozione di sfiducia personale avanzata dai Cinque Stelle, che rischia di far esplodere le lacerazioni interne al Partito democratico, più che far saltare il ministro finito nell’occhio del ciclone.