Cattaneo e Meocci, buonuscita indecorosa

di Clemente Pistilli

Disprezzo delle regole, perniciosa leggerezza gestionale, indecoroso modo di gestire i rapporti economici. Espressioni pesanti quelle che utilizzano i giudici della Corte dei Conti del Lazio pronunciandosi sulle gratifiche agli ex direttori generali della Rai e sulle consulenze disposte dalla tv di Stato. Per i magistrati contabili è stato messo in piedi un vero e proprio sistema che consente di bruciare denaro a favore dei manager di turno. E per gli ex numeri uno di viale Mazzini, Flavio Cattaneo e Alfredo Meocci, è arrivata la condanna a risarcire alla spa che gestisce il servizio radiotelevisivo un totale di 280 mila euro.

Processo tormentato
Risalgono al 2007 le citazioni a giudizio per gli sperperi in Rai disposte dalla Procura presso la Corte dei Conti del Lazio. Tra indagini e processi il tempo trascorso è lungo e l’inchiesta sembrava abortita tra tra assoluzioni e atti annullati. Ma gli inquirenti non hanno mollato e la svolta è arrivata nel maggio scorso, in appello (vedi La Notizia 20 maggio 2013). I giudici di secondo grado hanno condannato gli ex componenti del CdA della Rai, Francesco Alberoni, Marcello Veneziani e Angelo Maria Petroni, a risarcire 150mila euro alla spa per il danno causato con il premio dato a Flavio Cattaneo, quando ha lasciato la carica di direttore generale, e hanno disposto un nuovo processo per la gratifica data a fine mandato al direttore generale Agostino Saccà, il denaro dato sempre a Cattaneo per fargli mantenere i segreti sugli affari aziendali e due consulenze.

La stangata
I giudici del Lazio sono tornati così a esaminare i 150mila euro concessi ad Agostino Saccà dal suo successore alla direzione generale Rai, Flavio Cattaneo, e i 130mila euro dati invece a Cattaneo da Meocci, per fargli mantenere il segreto sulle informazioni assunte come direttore generale. Per i giudici in Rai c’è una diffusa “abitudine ad attribuire benefici economici nel pieno disprezzo delle regole e dell’uso del denaro pubblico” e nei contratti stipulati non si tiene conto di aspetti importanti, per poi compiere transazioni con “ulteriore esborso economico a carico dell’azienda”. I 150mila euro concessi da Cattaneo a Saccà sono stati ritenuti in contrasto con “i più elementari principi di razionalità, economicità e corretto esercizio di funzioni istituzionali”. I 130mila euro dati a Cattaneo da Meocci sono stati invece giustificati da quest’ultimo con il fine di non far conoscere ad aziende concorrenti “pettegolezzi su rapporti interpersonali tra celebrità dello spettacolo in forze alla Rai”. Una giustificazione bollata dai giudici come “difficile da commentare” e “pretestuosa”. Assolvendo i dirigenti Gianfranco Comanducci e Rubens Esposito, i giudici hanno così condannato Cattaneo a risarcire alla Rai 150mila euro e Meocci 130mila. Addio ai super bonus ottenuti.

 

Rai degli sprechi, quanti regali agli avvocati

Bocciate dalla Corte dei Conti le consulenze per il caso Cattaneo. Secondo i giudici erano più che sufficienti i legali di viale Mazzini

di Clemente Pistilli

Non solo superbonus ai manager. Il sistema di sperperi andato avanti a lungo in Rai sarebbe stato a tutto vantaggio sia dei potenti di turno che di qualche studio legale. Ebbene sì, per la Corte dei Conti, nonostante in viale Mazzini ci sia un piccolo esercito di toghe dotate di elevata professionalità, non è mancato il ricorso agli esterni e tutto solo per fare qualche regalino, a tutto danno delle casse pubbliche. Un particolare che emerge dalla sentenza (vedi La Notizia 21 gennaio 2014) con cui sono stati condannati gli ex direttori generali, Flavio Cattaneo e Alfredo Meocci, a risarcire un totale di 280mila euro, per il premio dato rispettivamente all’ex dg Agostino Saccà e allo stesso Cattaneo per mantenere il segreto sugli affari dell’azienda, secondo Meocci pettegolezzi in primis.

Inutili spese

Nella tormentata vicenda processuale, tra le spese esaminate dagli inquirenti, c’è stata quella per un parere legale richiesto a due avvocati, relativo alla transazione da stipulare proprio con Cattaneo. Una consulenza costata alla Rai quasi diecimila euro. Ma più che sulla spesa gli inquirenti hanno battuto su un certo modo di procedere da parte della società che gestisce la tv di Stato. Quel parere, per la Procura, sarebbe stato totalmente inutile, visto che uno analogo era stato presentato il giorno prima dell’affidamento dell’incarico dallo stesso direttore del settore affari legali e societari. l’avvocato Rubens Esposito, e che in viale Mazzini opera dal 1952 un ufficio legale che all’epoca contava 18 avvocati e un “notevole numero di personale di supporto”, di cui quattro avvocati impegnati esclusivamente nelle consulenze legali e contrattuali e otto nel contenzioso. Una vicenda dalla quale Esposito è stato però assolto essendo stato incaricato di ricorrere agli esterni dall’allora presidente del Consiglio di amministrazione dell’azienda.

Le bacchettate

La Corte dei Conti del Lazio non ha mancato di bacchettare la Rai. “A fronte di una sì ponderosa organizzazione – si legge nella sentenza – il ricorso ad avvocati e consulenti giuridici esterni, per essere ritenuta giustificabile, deve essere sostenuta da una motivazione particolarmente puntuale”. Poi l’affondo. Per i giudici, se fosse stato necessario per una consulenza come quella esaminata rivolgersi a degli esterni, “gli amministratori di qualunque ente o società dovrebbero interrogarsi con preoccupazione sul livello professionale dei componenti del proprio ufficio legale e adottare le opportune iniziative correttive. La verità è invece che l’ufficio legale della Rai è composto da avvocati dotati di competenze di alto profilo e solide esperienze professionali, che non giustificherebbero conferimenti a studi esterni del parere richiesto in questa occazione”. Uno spreco e nulla più. Un sistema che ha portato i giudici della Corte dei Conti a parlare di un “indecoroso modo di gestire i rapporti economici”.