Cicliste uccise: chieste due condanne per l’assessore milanese Granelli. Per la procura le ciclabili erano irregolari

Un anno e un anno e 4 mesi. Sono le condanne chieste dai pm per l'assessore milanese Granelli per le morti delle cicliste D'Incà e Scozia

Cicliste uccise: chieste due condanne per l’assessore milanese Granelli. Per la procura le ciclabili erano irregolari

Un anno e un anno e quattro mesi. Sono le due condanne richieste dalla Procura di Milano ai danni dell’assessore comunale, Marco Granelli, in due distinti processi per omicidio stradale. Ieri, per la morte di Veronica D’Incà – la 38enne che su una ciclabile di viale Brianza fu investita da un camion l’1 febbraio 2023 –  i pm nel procedimento con rito abbreviato hanno chiesto 16 mesi.

Richiesta che segue quella presentata il 25 settembre scorso dal pm Mauro Clerici (1 anno), nell’altro procedimento riguardante le modalità di progettazione delle piste ciclabili milanesi per il decesso di Cristina Scozia, la 39enne investita da una betoniera ad aprile 2023 tra via Sforza e corso di Porta Vittoria.

Sentenze rinviate al 17 dicembre

Le sentenze erano attese entrambe per ieri, ma dopo le arringhe difensive la Procura ha chiesto di poter replicare. Il gup ha rinviato per repliche e sentenza alla mattina del 17 dicembre. Chieste condanne anche per i coimputati dell’ex assessore alla Sicurezza e Mobilità delle giunte Pisapia e Sala, fra cui l’autista del tir che ha investito D’Incà e un dirigente di Palazzo Marino.

Sotto accusa la segnaletica “non conforme”

Al centro dei due procedimenti c’è la “segnaletica non conforme” alle regole del “Codice della strada” e “contraddittoria” che ha generato “confusione” nei cittadini e incrementato “il pericolo” di incidenti tra “veicoli a motore e biciclette”. In particolare per la morte di Scozia, per la Procura, in quel tratto di pista ciclabile, autorizzata “in via sperimentale per un anno” nell’aprile 2020 dal Ministero delle Infrastrutture e istituita da Granelli a settembre con un’ordinanza firmata assieme a un altro dei dirigenti imputati, il “segnale verticale” di attraversamento per i ciclisti avrebbe implicato la “precedenza delle biciclette nell’area dell’incrocio”, ma sarebbe stato in “contraddizione con i segnali orizzontali”.

Inoltre il “segnale verticale di direzioni consentite ‘diritto’ e ‘a destra’” per “entrambe le corsie” avrebbe implicato “il conflitto” fra auto e mezzi a motore “che svoltano” e “biciclette che proseguono” dritte verso via Visconti di Modrone. Infine il “semaforo” non avrebbe avuto “specializzazione per le due corsie” (auto e bici) in modo da “evitare” le collisioni.