Cooperazione in Kosovo, l’Italia scherza con il fuoco

L'intesa con il Kosovo ci impegna a supportare le attività di polizia, ma gli scontri dimostrano che il rischio è alto.

Cooperazione in Kosovo, l’Italia scherza con il fuoco

Arriva oggi in Senato l’esame del ddl di ratifica dell’accordo Italia-Kosovo su cooperazione di polizia. Lo scorso 6 aprile Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha approvato un disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kosovo sulla cooperazione di polizia, fatto a Roma il 12 novembre 2020.

L’Accordo regola la cooperazione di polizia sia sotto il profilo strategico che operativo, al fine di rafforzare la prevenzione e il contrasto della criminalità nelle sue varie forme e del terrorismo. I principali settori entro i quali la cooperazione si svilupperà sono il crimine organizzato transnazionale; i reati contro la vita, l’incolumità personale e l’integrità fisica, la produzione e il traffico illecito di stupefacenti; la tratta di persone e il traffico illecito di migranti; il traffico illecito di armi, munizioni, esplosivi e materiale tossico; la criminalità informatica e la pedopornografia on line; i reati economici e finanziari, incluso il riciclaggio il terrorismo.

Il precedente e le tensioni in Kosovo

Risale invece allo scorso 29 maggio il ferimento di 25 militari della Kfor, tra cui 14 italiani che erano intervenuti a Zvecan, nel nord del Kosovo, per disperdere i dimostranti serbi che manifestavano davanti alla sede del Municipio locale per protestare contro l’insediamento del nuovo sindaco di etnia albanese. I militari hanno fatto uso di granate stordenti, mentre i dimostranti hanno lanciato sassi, bottiglie e altri oggetti contro le truppe Nato.

La miccia che ha acceso le proteste era stata l‘insediamento del nuovo sindaco di etnia albanese. Le tensioni nel nord del Kosovo sono aumentate dal 23 aprile scorso, giorno delle elezioni locali in quattro comuni a maggioranza serba. La popolazione di Zvecan, Zubin, Potok e Leposavic ha boicottato il voto e così sono stati eletti 4 sindaci di etnia albanese con un astensionismo del 98%. Le intense attività diplomatiche tra Belgrado e Pristina per la normalizzazione dei rapporti e sciogliere le tensioni proseguono.

La proposta franco-tedesca prevede che la Serbia, pur senza un riconoscimento ufficiale della sua ormai ex provincia, smetta di ostacolare l’ingresso del Kosovo nelle Nazioni Unite e chiede la creazione della Associazione dei comuni a maggioranza serba in Kosovo, prevista dagli accordi di Bruxelles del 2013 che non si sono mai realizzati. In cambio la Serbia potrebbe ottenere il lasciapassare per entrare nell’Ue.

Le resistenze al piano sono però arrivate dal primo ministro del Kosovo Albin Kurti il cui partito (Vetevendosje) sioppone alla costituzione di un’associazione di comuni serbi del Kosovo per il timore di una “Republika Srpska” in Kosovo simile a quella bosniaca. Una ricerca condotta dal Kosovar Center for Security Studies dimostra che il 46% degli intervistati non si sentirebbe sicuro viaggiando in Serbia e l’ipotesi della formazione dell’Associazione di Comuni a maggioranza serba e uno status speciale per i monasteri, è sostenuta solo dal 9% dei cittadini del Kosovo.

Il rallentamento del processo di normalizzazione sostenuto da Ue e Usa sta avvantaggiando la Russia che potrebbe (e vorrebbe) sfruttare l’instabilità per aprire una nuova crisi nell’area sue est dell’Europa e estendere quindi la sua influenza. Vale la pena ricordare che nei giorni delle proteste a Zvecan il ministro degli Esteri russo Segej Lavrov parlò apertamente di “una situazione potenzialmente esplosiva nel cuore dell’Europa”.

I pericoli e l’interesse dell’Italia

Lo Stato balcanico, proclamatosi indipendente il 17 febbraio 2008, in precedenza regione autonoma della Serbia, è riconosciuto a livello internazionale da da 101 dei 193 membri dell’Onu (il 52,3% del totale), tra cui i confinanti Montenegro, Macedonia del Nord e Albania; altri 13 Stati hanno ritirato il riconoscimento inizialmente dato. Tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, il Kosovo è riconosciuto da Stati Uniti d’America, Francia e Regno Unito, mentre la Russia e la Cina continuano a considerarlo una provincia autonoma della Serbia.

Ventidue dei ventisette paesi dell’Unione europea hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo ma si oppongono Spagna, Cipro, Romania, Slovacchia e Grecia. Cosa spinga l’Italia a velocizzare l’iter di un suo maggiore impegno in Kosovo è facilmente immaginabile: in base all’Elaborazioni Ambasciata d’Italia su dati Agenzia ICE di fonte ISTAT, l’export italiano nel 2022 verso il Kosovo ha raggiunto la cifra di 158,38 milioni, di cui il 45,79 milioni è rappresentato da prodotti alimentari. Primo fra tutti, si segnala il forte interesse di Ferrovie dello Stato (FS) ad estendere il loro raggio di operatività all’interno della Regione a seguito dell’acquisizione di Hellenic Train. Per questo il governo continua a ripetere che “preservare la stabilità nei Balcani e ad aiutare gli attori locali a risolvere le loro divergenze è obiettivo rilevante per il nostro paese”. Quanto convenga mettere i piedi in una potenziale polveriera ce lo dovrà spiegare il ministro Tajani.