Un nuovo episodio alimenta le tensioni tra Cina e Giappone nel Mar Cinese Orientale. La Guardia costiera cinese ha annunciato di aver condotto, nella giornata di mercoledì 3 luglio, un pattugliamento nelle acque circostanti le isole Senkaku – arcipelago amministrato dal Giappone ma rivendicato da Pechino con il nome di Diaoyu. L’operazione, dichiarano le autorità cinesi, è stata effettuata “in acque territoriali” con lo scopo di “salvaguardare i diritti e gli interessi nazionali”.
Le isole, otto piccole formazioni rocciose disabitate dal 1940, sono da decenni al centro di un acceso contenzioso territoriale. Controllate de facto dal Giappone e formalmente sotto la giurisdizione del comune di Ishigaki, nella prefettura di Okinawa, sono rivendicate anche da Taiwan oltre che dalla Cina, che fonda le proprie pretese su basi storiche legate al sistema tributario cinese del XV secolo, secondo cui le isole facevano parte del Regno di Ryukyu, allora Stato vassallo della Cina.
Cresce la tensione tra Cina e Giappone: nuovo pattugliamento cinese vicino alle isole Senkaku, contese tra i due Paesi
Le tensioni tra Pechino e Tokyo riguardo alla sovranità dell’arcipelago si sono intensificate nel corso dei decenni, soprattutto a partire dal 1968, quando un rapporto dell’ONU ipotizzò la presenza di importanti giacimenti di risorse fossili nei fondali marini circostanti. Le isole furono ufficialmente annesse al Giappone nel 1895, in seguito alla vittoria nipponica nella prima guerra sino-giapponese e alla firma del Trattato di Shimonoseki. Dopo la Seconda guerra mondiale, passarono sotto amministrazione statunitense, fino al ritorno sotto controllo giapponese nel 1971.
Il punto di massimo attrito tra le due potenze risale al 2012, quando il governo giapponese acquistò tre delle isole da un privato cittadino. La mossa scatenò proteste di massa in Cina e la dura reazione di Pechino, con il presidente Xi Jinping che definì l’operazione “una farsa”. Da allora, episodi di pattugliamenti, sconfinamenti e manovre navali si sono moltiplicati, in un braccio di ferro che alimenta l’instabilità nella regione.
Il ministero degli Esteri cinese ha ribadito, anche in questa occasione, l’invito al dialogo, auspicando che le controversie territoriali vengano risolte tramite “consultazioni amichevoli”. Tuttavia, il riferimento implicito alla necessità di evitare il coinvolgimento di “altri Paesi” – verosimilmente gli Stati Uniti, alleati strategici del Giappone – lascia intendere la volontà di Pechino di contenere l’internazionalizzazione del conflitto.