Dai migranti all’economia, l’estate da dimenticare di Meloni

L'estate da incubo del governo Meloni: dai migranti all'economia, la lunga lista di fallimenti delle destre.

Dai migranti all’economia, l’estate da dimenticare di Meloni

Un’estate di passione. L’ultimo mese ha portato solo brutte notizie per il governo guidato da Giorgia Meloni. Una lunga lista di fallimenti, dalla crescita ai salari, dall’industria ai migranti, passando per l’irrilevanza internazionale e per l’incapacità di affrontare i rincari record, soprattutto quelli delle vacanze estive. Eppure l’esecutivo non si scompone. Continua a raccontare che tutto va bene, che con le destre l’Italia corre e conta sempre di più nel mondo. Raccontando uno scenario lontanissimo dalla realtà. Come dimostrano i dati. Mettiamoli in fila.

I fallimenti in serie del governo Meloni: un’estate da dimenticare

Iniziamo dall’ultima narrazione della presidente del Consiglio smentita dai dati. Solo pochi giorni fa, Meloni ha detto che il flusso di migranti illegali in Italia è diminuito del 60%. Non ha detto rispetto a quando. Ma probabilmente si riferisce ai governi precedenti, quindi a una data antecedente all’ottobre del 2022. Un’analisi di Pagella Politica evidenzia i dati sugli sbarchi dal 2016 a oggi: si è partiti con un calo costante, fino al minimo del 2019. Poi le cifre sono rimaste basse, per risalire dal 2021 e toccare il picco nel 2023. Proprio con il governo Meloni. Poi c’è stato un nuovo calo, ritornando ai valori del 2019 e del 2020, ma anche come i primi mesi del 2022, prima che arrivasse il governo Meloni. Il calo del 60%, invece, si registra su base annua solo se confrontiamo i dati odierni con quelli dell’ottobre del 2023. Quindi un calo rispetto al picco toccato proprio dal governo Meloni.

E peraltro quest’anno, al 13 agosto, gli sbarchi sono stati 38.200, poco più dei 37.300 dello scorso anno. Cifre che dimostrano anche il flop del modello Albania: non solo perché i centri sono praticamente inutilizzati, tanto più dopo le sentenze italiane ed europee che smontano questo sistema, ma anche per l’inesistente effetto deterrente, promesso da Meloni ed evidentemente non registrato. Restando sull’attualità, innegabili sono anche i rincari da record per le vacanze, con la denuncia di spiagge vuote rispetto al passato. Sono i dati Istat a mostrare le conseguenze del caro-vita: i voli nazionali costano il 35,9% in più, i traghetti il 10,9%, le auto a noleggio il 9,9%, i pacchetti vacanza il 10,3%, le case vacanze e i B&B il 6%, gli stabilimenti balneari il 3,4% e i villaggi vacanza e i campeggi il 15,7%.

E, come se non bastasse, continua a crescere anche il carrello della spesa, ovvero quelle spese irrinunciabili per gli italiani, con un aumento a luglio del 3,2%. Almeno, secondo il governo, la benzina ora costa meno. Ma è davvero così? Non proprio. Perché è vero che oggi i carburanti hanno il costo più basso rispetto alle precedenti estati, come afferma il Mimit. Il più basso dal 2021, quando invece i prezzi dei carburanti erano più bassi. Ciò che il governo non dice, però, è che le quotazioni del petrolio allora erano più alte e la benzina meno cara. Insomma, oggi si pagano i carburanti molto più di quel che si dovrebbe, considerando le quotazioni del petrolio.

L’economia italiana a picco

Proviamo a consolarci con i salari in crescita, sempre secondo il governo. Eppure, come certifica l’Istat, i salari reali (quindi rapportati all’inflazione) sono scesi del 9% rispetto al gennaio del 2021. E anche gli aumenti in termini nominali degli ultimi mesi sono minimi, appena al di sopra dell’inflazione. Mentre il governo continua a promettere da anni il taglio dell’Irpef per il ceto medio, senza mai però introdurlo per davvero. Non va meglio sul fronte della crescita, con un Pil praticamente fermo: nel secondo trimestre ha registrato addirittura un calo dello 0,1% dopo un dato solo parzialmente positivo (+0,3%, la metà dei partner Ue) nel primo trimestre. E a fine anno la crescita rischia di fermarsi al +0,5%, secondo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Ancora più catastrofica è la situazione dell’industria italiana. Non solo considerando i singoli casi, come la crisi di Stellantis o quella dell’ex Ilva. Basta guardare alla produzione industriale: come sottolinea l’Istat, a giugno ha registrato un calo dello 0,9% rispetto al già drammatico anno precedente. Durante il governo Meloni parliamo di ben 30 cali su base annua su 32 mesi totali. Discorso simile per il fatturato dell’industria, che a maggio (dati di fine luglio) ha registrato un calo superiore al 2% sia in valore che in volume e anche su base tendenziale la flessione è intorno al 2%. Per concludere l’estate da incubo da Meloni, basta ricordare il fallimento sui dazi: doveva fare da pontiera con Trump e l’Ue invece si è trovata con tariffe al 15%, senza alcun peso italiano nella trattativa. O, ancora, la completa irrilevanza sullo scenario internazionale, con Roma sempre ai margini sia sul conflitto in Ucraina che su Gaza.