Delitto di Garlasco, la nuova ricostruzione che può ribaltare le indagini: perché si parla delle tracce di sangue su dispenser e lavandino

Nuova ipotesi investigativa sul delitto di Garlasco: l'omicida di Chiara Poggi potrebbe non essersi lavato le mani.

Delitto di Garlasco, la nuova ricostruzione che può ribaltare le indagini: perché si parla delle tracce di sangue su dispenser e lavandino

Una nuova ricostruzione, un’ipotesi diversa su come sono andati i fatti nella villetta di casa Poggi, dove Chiara è stata uccisa nell’agosto del 2007. I carabinieri del nucleo investigativo di Milano e la procura di Pavia indagano su una nuova ipotesi per il delitto di Garlasco. Si parte, in questo caso, dal presupposto che l’aggressore non si sarebbe lavato le mani in bagno e non avrebbe pulito il dispenser e il lavandino dalle tracce di sangue.

Al contrario, nella sentenza di condanna definitiva per Alberto Stasi, si parla proprio del fatto che l’omicida di Chiara Poggi avrebbe lavato le mani e poi pulito in bagno. Insomma, lo scenario ora è esattamente l’opposto di quello disegnato dalla sentenza d’appello bis su Stasi, confermata dalla Cassazione con la condanna a 16 anni. Tra le prove a carico di Stasi ci sono anche le “due impronte” sul dispenser del sapone che l’aggressore avrebbe utilizzato “per lavarsi le mani dopo il delitto”.

Delitto di Garlasco, perché ora si dubita del fatto che il killer si lavò le mani

In quella sentenza si spiegava che la posizione delle due impronte e “la non commistione del dna della vittima”, dimostrerebbero che la persona “maneggiò il dispenser per lavarlo accuratamente, dopo essersi lavato le mani e aver ripulito il lavandino”.

Gli investigatori cinque anni fa segnalarono che il lavandino era privo di tracce di sangue, ma dissero anche che è “impossibile che il lavandino e il dispenser” fossero stati “lavati accuratamente dall’aggressore”. Anche perché sul dispenser non si trovarono solo le due impronte di Stasi, ma anche “numerose impronte papillari sovrapposte” che in caso di lavaggio avrebbero dovuto essere “cancellate”.

Sul dispenser venne trovato pure il dna di Chiara Poggi e di sua madre, il che potrebbe dimostrare che non venne pulito. C’è poi una fotografia, scattata durante i primi sopralluoghi, nella quale si mostra la presenza di quattro capelli “neri lunghi” che non furono mai repertati. Questo indicherebbe che “il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue”, altrimenti l’acqua li avrebbe portati via, è una delle ipotesi su cui indaga.