Diffamò la capitana Rackete. Altri guai giudiziari per Salvini. Il leader della Lega la definì sbruffoncella delinquente. E ora rilancia: “Una speronatrice ha poco da insegnarmi”

E diffamazione fu. La Procura di Milano ha chiuso l’indagine in vista della richiesta di processo nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di diffamazione dopo la querela depositata lo scorso luglio da Carola Rackete, comandante della Sea Watch3. Il pm Giancarla Serafini, titolare del fascicolo trasmesso per competenza da Roma, ha notificato l’avviso di chiusura dell’inchiesta. “Non è un problema”, commenta il leader leghista, che ingoia questo secondo boccone amaro. Il primo è arrivato dall’aula di Palazzo Madama che ha autorizzato il processo a Salvini, accusato di sequestro di persona per aver impedito per più di tre giorni lo sbarco di oltre 130 migranti dalla Gregoretti.

“Un altro possibile processo per diffamazione ai danni di Rackete? Li mettiamo in serie, non è un problema. Una speronatrice di motovedette militari italiane ha poco da insegnarmi”, dichiara il numero uno del Carroccio. Il pm di Agrigento, invece, ha chiesto al gip una proroga di 6 mesi per le indagini su Rackete, nel mirino per tre ipotesi di resistenza a pubblico ufficiale, commesse fra il 12 e il 29 giugno, giorno dell’arresto; danneggiamento e tre ipotesi di resistenza o violenza a nave da guerra. “Denunciato da una comunista tedesca, traghettatrice di immigrati, che ha speronato una motovedetta della Finanza: per me è una medaglia!”: questo fu il commento di Salvini alla notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati per diffamazione.

Nella denuncia, in cui si chiedeva il sequestro degli account social di Salvini e si ipotizzava il reato di istigazione a delinquere, erano riportati alcuni post dell’ex ministro e alcuni commenti di utenti contro la Rackete. “Sbruffoncella”, “fuorilegge”, “delinquente”, “complice dei trafficanti di esseri umani”: queste alcune delle esternazioni salviniane finite nel mirino dei legali di Rackete. La capitana tedesca fu protagonista di un duro braccio di ferro con l’allora capo del Viminale che si era duramente opposto, nel giugno scorso, allo sbarco della nave gestita dall’Ong tedesca Sea-Watch con 42 migranti a bordo. Rackete decise di ignorare il divieto e di entrare nelle acque italiane, precisamente a Lampedusa.

“So cosa rischio ma i naufraghi a bordo sono allo stremo”, dichiarò. Si disse che la nave della Ong, nella manovra di avvicinamento al porto, avrebbe cercato di speronare un’imbarcazione della Guardia di Finanza che si era avventurata in un ultimo e spericolato tentativo di impedire alla Sea Watch3 di attraccare. Salvini definì l’episodio come un “atto di guerra”. Parole appunto considerate diffamatorie. E un’altra ong – dopo i casi Diciotti, Gregoretti e Sea Watch – minaccia il sonno di Salvini. E’ la Open arms. Anche in questo caso le accuse per l’ex ministro sono di sequestro di persona, per aver, senza successo, tentato di fermare la corsa della nave battente bandiera spagnola, tenendo in mare per venti giorni 164 migranti. Da qui la richiesta del tribunale dei ministri di Palermo a Palazzo Madama di una nuova autorizzazione a procedere nei confronti del senatore leghista.