Disarmo uguale giustizia: a Roma due cortei per la pace

Contro guerra, riarmo e genocidio: due cortei a Roma chiedono giustizia sociale, pace globale e stop alla militarizzazione dell’Europa.

Disarmo uguale giustizia: a Roma due cortei per la pace

Domani, sabato 21 giugno, Roma sarà attraversata da una mobilitazione nazionale per la pace, promossa da oltre 440 sigle della società civile, sindacati, partiti e movimenti. La manifestazione, intitolata “Stop Rearm Europe – No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo”, si articolerà in due cortei distinti: uno partirà da Porta San Paolo, l’altro da Piazza Vittorio. Entrambi si muoveranno dalle ore 14, con percorsi e piattaforme differenziate, ma un obiettivo comune: fermare la corsa europea al riarmo e riaffermare la centralità della pace.

“Stop Rearm Europe”: contro le spese militari, per i diritti sociali

Il corteo principale, promosso dalla piattaforma “Stop Rearm Europe”, rappresenta la componente più ampia e trasversale della mobilitazione. Vi aderiscono CGIL, ARCI, ANPI, Rete Italiana Pace e Disarmo, Pax Christi, Emergency, Greenpeace, Fondazione PerugiAssisi, oltre a partiti come Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra. La partenza è fissata per le 14:00 da Porta San Paolo; l’arrivo al Colosseo sarà accompagnato da un flash mob simbolico: un “die-in” di massa, con lenzuola bianche e i suoni registrati delle bombe su Gaza.

La piattaforma “Stop Rearm Europe” si oppone frontalmente al piano europeo di spesa militare da 800 miliardi in quattro anni, considerato una minaccia per il welfare e la coesione sociale. Le parole d’ordine sono chiare: “rubano il futuro ai cittadini per investirlo in guerra”. Si chiede di reindirizzare le risorse verso la sanità, la scuola, la transizione ecologica, la giustizia sociale e climatica. La proposta è quella di una “sicurezza reale”, fondata sui diritti e sulla cooperazione, non sulla deterrenza armata. Il motto evocato è quello di Sandro Pertini: “Svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai”.

“Disarmiamoli”: no alla NATO, no al sistema guerra

Il secondo corteo, con partenza da Piazza Vittorio, è promosso dalla piattaforma “Disarmiamoli” e da organizzazioni come Potere al Popolo, USB, Rete dei Comunisti e sindacati di base. Questo spezzone porta una lettura strutturale della guerra: non solo contro l’aumento della spesa militare, ma contro le sue radici sistemiche, individuate nel capitalismo, nell’imperialismo e nell’Alleanza Atlantica. Lo slogan è esplicito: “Dire no al riarmo è dire no alla NATO”.

In questa visione, il riarmo è parte di un progetto politico globale che lega la militarizzazione esterna alla repressione interna. Vengono citati il Decreto Sicurezza e il crescente controllo sociale come espressione del “regime di guerra”. La protesta si salda alla vertenza sociale: “Abbassate le armi, alzate i salari”, recita lo slogan dello sciopero generale indetto da USB il 20 giugno. Le aziende del comparto bellico, come Leonardo S.p.A., sono accusate di fare profitti sulla morte e di contribuire, anche con fondi pubblici, al massacro a Gaza.

Le voci politiche: chi scende in piazza

La mobilitazione coinvolge anche il fronte politico. Il Movimento 5 Stelle partecipa al corteo di “Stop Rearm Europe”, sottolineando la necessità di investire nei servizi pubblici anziché negli armamenti. Il presidente Giuseppe Conte ha dichiarato: “Non si può parlare di pace e tagliare il reddito a chi vive in povertà, mentre si spendono miliardi in armi”.

Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha confermato la presenza. Il deputato Angelo Bonelli ha attaccato il piano europeo da 800 miliardi: “Ogni euro speso in armi è un euro tolto alla sanità, all’istruzione, alla lotta alla povertà. Questa corsa ci porta verso il baratro”.

Potere al Popolo, invece, guida il corteo di “Disarmiamoli”, con una linea esplicitamente anti-NATO e anti-imperialista. I portavoce Marta Collot e Giuliano Granato denunciano il “genocidio in corso” in Palestina e la complicità italiana, anche economica, nel sostenerlo. Presenti anche la Rete dei Comunisti, il PCI e i centri sociali.

Più defilata appare la posizione del Partito Democratico, che non ha annunciato una partecipazione ufficiale. Dopo la manifestazione per Gaza del giugno scorso, l’assenza odierna segnala l’ambiguità del PD sulle politiche di riarmo e sull’atlantismo.

La Chiesa, Gaza e la dimensione simbolica

Accanto ai movimenti pacifisti, si fa sentire anche la voce del mondo cattolico. Il cardinal Zuppi, presidente della CEI, ha ribadito l’opposizione della Chiesa alla corsa agli armamenti e ha espresso preoccupazione per le politiche europee. L’iniziativa “Donna vita libertà”, promossa dalle donne iraniane in esilio, aderisce con lo slogan: “La guerra di Israele contro l’Iran non è nel mio nome”.

Al centro dell’intera mobilitazione c’è il dramma di Gaza. Le accuse di “genocidio” rivolte al governo israeliano sono presenti in entrambi i cortei. La protesta romana coincide con una fase cruciale: la Corte Internazionale di Giustizia ha confermato la “plausibilità del rischio genocidio”, mentre l’Italia continua a votare contro la sospensione degli accordi commerciali UE con Israele.

Una giornata decisiva

La manifestazione del 21 giugno non è un episodio isolato. Si inserisce in una settimana europea di mobilitazione che culminerà con il vertice NATO all’Aja, dove si discuteranno nuovi obiettivi di spesa fino al 5% del PIL. Secondo i promotori, si tratta di una svolta storica: se la politica continua a seguire la logica del riarmo, la società civile ha il dovere di indicare una strada alternativa. Per questo, domani, due cortei attraverseranno Roma. Entrambi chiamano la stessa cosa: pace, giustizia, disarmo.