Continuano le missioni “diplomatiche” di Matteo Salvini, il quale non si sa a che titolo incontri ministri di stati esteri per parlare di vaccini. Un mix fra broker e agente consolare. Dopo aver incontrato mercoledì una delegazione di San Marino per “trattare” il vaccino russo (leggi l’articolo), insistendo sul fatto che “fanno bene quei Paesi europei come l’Austria che si stanno muovendo a 360 gradi”, ieri è stata la volta dell’ambasciatrice dell’India in Italia, Neena Malhotra. “Nuova Delhi ha offerto collaborazione all’Italia, mettendo a disposizione supporto tecnologico, dosi del vaccino AstraZeneca prodotto proprio in India, oltre a un altro siero che ha dato risultati confortanti anche contro le varianti”, ci fa sapere il Capitano.
Il tutto mentre chi ha il mandato per occuparsi di strategie sugli approvvigionamenti, cioè il premier Mario Draghi, da quando è a Palazzo Chigi se ne occupa tutti i giorni. Chiama Ursula von der Leyen almeno due volte la settimana: l’ultima giovedì, poche ore prima che arrivasse a Roma il responsabile della task force europea sui vaccini, Thierry Breton, atteso ieri dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che, in piena sintonia con l’ex numero uno della Bce, sui vaccini ha puntato sulla collaborazione con la Ue e sul potenziamento della capacità produttiva europea, auspicando di portare l’Italia dentro il network industriale a cui sta lavorando la Commissione europea.
Mentre il segretario del Carroccio porta avanti la sua strategia parallela in materia di vaccini, con il tentativo di approvvigionamento di dosi al di fuori dei negoziati Ue, il suo vice convoca al Mise riunioni per creare la filiera del vaccino con il commissario Figliuolo, Gabrielli e i vertici di Farmindustria e dell’Aifa e ieri, al termine dell’incontro con Breton, non ha mancato di sottolineare da che parte sta il governo italiano, concordando con quanto espresso dal Commissario Ue al mercato interno (“Non un paese europeo può avere una strategia vaccinale autonoma. Neanche uno. Siamo tutti interdipendenti”).
E’ evidente che il Capitano debba decidere da che parte stare, il giochetto della Lega “di lotta e di governo”, europeista di facciata ma che stizza l’occhio agli amici sovranisti come Orbàn (che lascia il Ppe ma quasi sicuramente per approdare nel gruppo Ue della Meloni non in quello di cui fa parte la Lega) non può funzionare a lungo.