È Dario Franceschini la carta segreta di Renzi per il Colle

E se la carta segreta del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per il Quirinale fosse il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini?  Certo, le donne sin qui tirate in ballo, a partire dal titolare della Difesa Roberta Pinotti, che già studia da inquilina del Quirinale, avrebbero di che ridire.  E lo stesso universo femminile potrebbe chiedere al premier un congruo risarcimento. Ma il Patto del Nazareno sarebbe salvo. Ed è questa la cosa che interessa maggiormente ai due azionisti dell’accordo. Franceschini è un nome gradito tanto al Pd, dato che risponderebbe ai “comandi” di Renzi senza porsi nemmeno il problema di stabilire dove sta il torto o la ragione, quanto a Forza Italia, che confida sul fatto di averlo sostenuto nella nomina a ministro. Non solo. Dario porterebbe a casa anche i voti del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. “Il Pd ha sbagliato nella modalità di elezione del presidente del Senato e del presidente della Camera: che ora faccia la sua terna per il presidente della Repubblica non è quello il metodo”, spiega il ministro Maurizio Lupi.  “Pensare che sia esclusiva di un esponente della sinistra democratica” , sostiene l’esponente dell’Ncd, “credo sia un errore”. Un dato, quest’ultimo, tutt’altro che irrilevante per la conta dei voti.

LE RADICI
E poi c’è il dato politico. Franceschini proviene dalla popolare del Pd, con salde radici democristiane, piantate dal padre e coltivate da Dario. E siccome i popolari vanno sostenendo che questo giro di Quirinale spetta loro, l’attuale ministro della Cultura sarebbe l’uomo ideale per coronare il sogno di rivedere un democristiano sul Colle. L’altro elemento è quello anagrafico. Franceschini ha 56 anni è la sua eventuale elezione risponderebbe alla logica dello svecchiamento della politica tracciato da Renzi e coltivato dal gruppo dirigente del Pd. L’unico elemento di disturbo potrebbe essere il suo rapporto con Walter Veltroni con il quale ha condiviso l’avventura, non proprio felice, della segreteria del Pd. L’ex sindaco di Roma, nonostante gli schizzi di fango che gli sono caduti addosso con l’inchiesta Mafia Capitale (il capo di gabinetto della sua giunta, Luca Odevaine, è finito in carcere), non ha rinunciato affatto all’idea di correre per il Quirinale, confidando sul rapporto che si è costruito con Renzi. Di contro Franceschini può contare sul sostanziale gradimento di Berlusconi, cosa non accoppiabile al nome di Veltroni, e il sì dell’Ncd. Insomma, gli elementi ci sarebbero tutti, anche se il profilo internazionale di Dario mostra qualche lacuna. Che potrebbe essere colmata già nei prossimi mesi. Ma ciò che conta per il premier è il modo, più che il nome.  “Il nuovo presidente della Repubblica spero sia eletto con il più alto consenso possibile. Da parte del Pd faremo di tutto perché sia così”, dice il presidente del Consiglio. Il premier auspica una “riflessione” di tutti i partiti senza “le polemiche, divisioni, litigi del passato. Poi naturalmente sarà difficile che tutti “accettino lo stesso nome”. Già, perché su Pier Ferdinando Casini, che si sta offrendo a tutti, e Giuliano  Amato, che è disposto a tutto pur di essere candidato, sono più le nubi che  le schiarite.