L'Editoriale

Ora Di Maio può fare il premier

I destini del Quirinale non si possono più scindere da quelli di Palazzo Chigi, perché il no all’autocandidatura di Draghi equivale a una sfiducia sul Governo.

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Come hanno capito tutti, Moratti, Nordio e Pera non sono i nomi che il Centrodestra vuole al Colle (leggi l’articolo), perché diversamente non li bruciavano anteponendoli a quelli che naturalmente hanno in testa Sinistra e 5 Stelle. Nella partita per la Presidenza della Repubblica si continua a giocare, dunque, a carte coperte, ben consapevoli che ormai i destini del Quirinale non si possono più scindere da quelli di Palazzo Chigi, considerato che il no all’autocandidatura di Draghi equivale a una sfiducia sul Governo. L’accordo che serve, perciò, ora è pure sull’Esecutivo e sulla durata fino in fondo della legislatura.

Una prospettiva che lascia purtroppo da un lato e per fortuna da un altro solo una possibilità: Draghi al Colle e la politica al Governo. Tradotto: un patto di legislatura, un rimpasto dei ministri (l’uscita di tecnici come Bianchi e Cingolani non la rimpiangerà nessuno) e un premier capace di governare con equilibrio la stessa maggioranza che ha sorretto Draghi. Così la fedeltà all’atlantismo e all’Europa sarà garantita dall’italiano più riconosciuto in tal senso piazzato al Colle, i partiti potranno giocarsi le loro carte in vista della campagna elettorale e la politica avrà un sussulto, dopo un anno di commissariamento per cui a tempo debito gli elettori ringrazieranno come si conviene il regista Renzi.

Proprio quest’ultimo, tra l’altro, viene dato in movimento per portare i suoi voti alla Casellati, non per bontà ma per liberare la presidenza del Senato dove vorrebbe ripararsi. Manca a questo puzzle il nome del premier, che potrebbe essere Di Maio o Giorgetti (Conte l’ha già fatto e Salvini è fregato dai rapporti russi), cioè i due esponenti di punta delle forze più numerose in Parlamento (leggi l’articolo).

Di Maio da ministro degli esteri ha portato il fatturato del nostro export al livello più alto di sempre. Ma anche Giorgetti non sarebbe male, se non altro perché così vedremmo l’ipocrisia del suo partito, che contestava ogni mossa dei governi (pure gialloverde) quando a guidarlo c’era Conte, e semmai un leghista finisse a Chigi per davvero poi li contiamo gli aiuti a famiglie e imprese, per non parlare delle misure sul Covid, tra ammiccamenti ai No vax e le promesse di grandi riaperture mentre solo ieri contavamo 468 morti.