L'Editoriale

Fermiamo i matti al comando

Il mondo fa un nuovo passo verso l’abisso, ma invece di guardare alle minacce russe con un maggiore pragmatismo, l’Occidente continua a sbattere la testa contro il muro.

Fermiamo i matti al comando

Il mondo fa un nuovo passo verso l’abisso, ma invece di guardare alle minacce russe con un maggiore pragmatismo, l’Occidente continua a sbattere la testa contro il muro, promettendoci che invece di romperci la testa crollerà il muro.

Così la risposta di Stati Uniti, Nato, Europa e dei loro trombettieri ieri è stata unanime: se Putin chiama i riservisti e non esclude di usare le armi nucleari vuol dire che è debole. Pertanto, andiamo avanti con le capocciate, cioè rafforziamo le sanzioni e mandiamo altre armi all’Ucraina.

Il muro del Cremlino non è detto che si scalfisca (fino ad oggi ha retto) ma se invece si incrinasse, in quel momento la paura del regime si trasformerebbe in disperazione, e non ci sarebbe più scampo alla guerra nucleare. Del tutto inesplorata resta una strada diversa: imporre ai contendenti di sedersi a negoziare.

La replica risibile di chi sente solo il partito della guerra è che Mosca non vuole discutere. Questa però è una balla, perché nessuno ha mai creato una semplice condizione per far partire la trattativa: se invece di mandare a Zelensky armi per miliardi le avessimo bloccate a condizione di vedere Putin a un tavolo di confronto vero, il presidente russo non avrebbe potuto giustificare il suo irrigidimento.

Così si è avvitata la spirale di armi e sanzioni contro il blocco del gas, peggiorando giorno per giorno la situazione, e malgrado questo i nostri governanti non hanno mai cambiato posizione. Così pace e diplomazia sono finiti all’inferno, in attesa che con certi matti al comando ci si finisca tra non molto tutti noi.