Putin con le spalle al muro minaccia la guerra atomica

La mobilitazione parziale annunciata ieri da Vladimir Putin è una mossa disperata che sembra non accontentare nessuno.

Putin con le spalle al muro minaccia la guerra atomica

Il volto che trasuda determinazione, lo sguardo rivolto dritto dritto alla telecamera e la solita retorica militarista. All’apparenza l’ultimo messaggio di Vladimir Putin con cui ha annunciato la mobilitazione militare parziale, ossia ha richiamato al fronte 300mila riservisti, non ha nulla di diverso dal video con cui, a fine febbraio, annunciava l’inizio di quella che ha sempre definito come “un’operazione speciale”.

La mobilitazione parziale annunciata ieri da Putin è una mossa disperata che sembra non accontentare nessuno

Eppure di acqua sotto i ponti ne è passata molta e lo zar, malgrado tenti con ogni suo muscolo facciale di apparire risoluto e sicuro come se tutto stesse andando secondo i piani, è alle prese con una probabile disfatta. Del resto soltanto sette mesi fa la Russia era vista come una superpotenza destinata a far un sol boccone dell’Ucraina mentre ora sappiamo che le cose non sono andate affatto come pensavano a Mosca. Anzi l’esercito di Volodymyr Zelensky da settimane e con l’aiuto degli armamenti americani, sta riconquistando ampie porzioni dell’Ucraina e sta costringendo alla ritirata l’esercito russo.

“Ho già firmato il decreto di mobilitazione parziale, le operazioni inizieranno immediatamente” sono le parole scandite a chiare lettere da Putin. Si tratta di 300mila uomini, i cosiddetti riservisti, che hanno già accumulato una grande esperienza sul terreno e che sono dotati di specializzazioni militari ritenute essenziali per il proseguo del conflitto.

Queste forze, assicura il ministro della Difesa Sergej Šojgu, “serviranno a controllare la linea di contatto di mille km” e i territori che verranno verosimilmente annessi dopo il referendum che si terrà nei prossimi giorni nelle Repubbliche popolari autoproclamate di Donetsk e Lugansk e nei territori di Kherson e Zhaporizhzhia.

“Naturalmente ciò che c’è dietro e ciò che c’è, lungo questa linea, deve essere protetto, questi territori devono essere controllati”, ha spiegato il fedelissimo dello zar. Insomma sembra proprio che questi rinforzi non saranno usati per lanciare una nuova offensiva di ampio respiro ma, almeno secondo quanto si legge tra le righe, serviranno a stabilizzare i territori già occupati e, soprattutto, a sostituire le ingenti perdite fin qui subite.

Eppure la cosa più importante di tutte è che cosa si cela dietro questa chiamata alle armi. Già perché dichiarando la mobilitazione parziale significa ammettere pubblicamente – seppur in modo ancora parziale – che le cose non stanno andando come sperato e che la Russia è in guerra. Ma c’è di più.

La mobilitazione parziale è una mossa disperata che sembra non accontentare nessuno. Infatti a Mosca e San Pietroburgo sono subito scoppiate le proteste di quanti temono di dover finire al fronte, ciò a riprova di come la popolazione sia sempre più scontenta delle decisioni prese da Putin e che il dissenso interno sia un fenomeno in espansione, mentre al Cremlino i falchi – tra cui l’ex presidente Dmitrij Medvedev – sono rimasti delusi perché speravano in una mobilitazione totale.

Tutte ragioni per le quali appare chiaro che Putin, non di certo uno sprovveduto, è perfettamente cosciente di essere al bivio della sua carriera politica. Lui che da sempre è stato etichettato come l’uomo forte, ora appare ridimensionato e vede crollare la sua immagine sia entro i confini nazionali che ancor più a livello internazionale. Un uomo solo al comando che si sente abbandonato dai suoi fedelissimi, molti dei quali sono stati sostituiti in questi mesi di conflitto, e perfino dai suoi alleati, come emerso prima con l’India e dopo con la Cina.

Putin è finito per essere ostaggio del suo stesso personaggio vigoroso

Così Putin è finito per essere ostaggio del suo stesso personaggio vigoroso, risoluto e pronto a tutto pur di vincere, al punto da apparire incapace di trovare una via d’uscita che non sia quella di continuare a combattere, alzando sempre più la posta in gioco anche paventando il ricorso al nucleare. E il timore è che il presidente russo, messo definitivamente alle corde, potrebbe finire per prendere decisioni estreme e senza ritorno.

Proteste in Russia, oltre 1000 gli arresti

Almeno 1.026 persone sono state arrestate in Russia durante manifestazioni spontanee contro la mobilitazione parziale, annunciata in mattinata dal presidente Putin. Secondo l’ong Ovd-Info, le manifestazioni sono avvenute in almeno 38 città del Paese. Queste sono le più grandi proteste in Russia da quelle successive all’annuncio dell’offensiva di Mosca in Ucraina a fine febbraio.