L'Editoriale

La coerenza che dice tutto del premier Draghi

Eccoci qua ad attendere un nuovo voto di fiducia sullo stesso premier, mercoledì prossimo, dopo un giorno di teatrino.

Vincere questa scommessa era fin troppo facile. Ieri titolavamo in prima pagina che accettavamo puntate su Draghi che non lasciava davvero, e ora eccoci qua ad attendere un nuovo voto di fiducia sullo stesso premier, mercoledì prossimo, dopo un giorno di teatrino con salite e discese dal Colle, a prendere ordini da Mattarella, un altro che di dimissioni irrevocabili e poi revocate se ne intende.

Quello che resta della giornata di ieri è però un po’ di chiarezza in più su questo gran casino che è la politica italiana. Destre e Pd continueranno a sostenere un Governo che sta smontando pezzo a pezzo quel poco di politiche sociali che restano, rinviando ancora o adottando una parvenza di salario minimo, autorizzando trivelle e inceneritori.

Dall’altra parte ci sarà un’opposizione di destra, la Meloni, che però poi è pappa e ciccia con Salvini e Berlusconi che stanno nella maggioranza; Alternativa e i Cinque Stelle, che si batteranno per gli undici punti presentati da Conte al premier nella cosiddetta agenda sociale.

In mezzo una manciata di centristi in cerca di rinnovo e il gruppo di Di Maio, al quale toccherà l’onere di fare da ultima trincea nell’Esecutivo per difendere i provvedimenti M5S che lo stesso ministro degli Esteri ha presentato, a partire dal Reddito di cittadinanza che già si prospetta di ridimensionare. E con certi compagni di avventura nella maggioranza l’unica cosa che gli si può dire è… Auguri!

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