L'Editoriale

La riapertura dell’ambasciata italiana in Ucraina è un regalo di Pasqua di cui tutti abbiamo bisogno

La riapertura dell’ambasciata italiana in Ucraina è un importante segnale in direzione opposta a quella di chi continua a provocare.

Per la serie armiamoci e partite, il presidente Biden si è già ritirato dal viaggio a Kiev, dove arriverà comunque un nuovo carico di forniture militari americane. Il peggior regalo di Pasqua per un Paese che avrebbe bisogno invece di diplomatici, gesti umanitari e parole come quelle sentire ancora dal Papa.

Solo un folle, o chi si lascia ingannare dalla propaganda ugualmente guerrafondaia di Putin e Zelensky, può pensare che un tale conflitto finirà con un vincitore e un vinto.

Se gli ucraini cacceranno i russi, Mosca riproverà a invadere tutta la vita, mentre se cadranno dal Donbass a Odessa, fino alla capitale gialloblù, lo spirito indipendentista si trasformerà in terrorismo, che peraltro potrà utilizzare pure le dotazioni belliche gentilmente offerte dall’Italia.

La riapertura dell’ambasciata italiana in Ucraina

Dunque non c’è alternativa ad un accordo, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire, perché lontani dal massacro di migliaia di persone è molto facile incitare allo scontro. E dire che il cammino verso una tregua, per quanto complesso, non può che iniziare con dei piccoli passi, come il continuare a premere per un nuovo tavolo di confronto, o riportando sul posto il personale diplomatico.

In tal senso la riapertura dell’ambasciata italiana in Ucraina è un piccolo ma importantissimo segnale in direzione opposta a quella di chi continua a provocare, e alza nuovi muri dove invece c’è bisogno di parlarsi e di trattare.

Un regalo di Pasqua che non fa il rumore delle bombe, ma di cui tutti abbiamo bisogno, prima che a forza di guardare in questo abisso non finisca ad essere l’abisso a trascinare dentro tutti noi.