L'Editoriale

Il metodo di Buzzi e Meloni

Più dovrebbero chiedere scusa e nascondersi, più girano la frittata come piace a loro, arrivando a spacciare l’illegalità per normalità.

Il metodo di Buzzi e Meloni

Più dovrebbero chiedere scusa e nascondersi, più girano la frittata come piace a loro, arrivando a spacciare l’illegalità per normalità. Due casi, così diversi eppure con un epilogo così simile, sono al centro della discussione politica di questi giorni. L’inchiesta che mostra i rapporti di alcuni ambienti neofascisti milanesi con Fratelli d’Italia, e Salvatore Buzzi che festeggia la sconfitta della Raggi a Roma (leggi l’articolo).

Buzzi – meglio non dimenticare – è l’ex riferimento delle coop rosse che pagavano tangenti per divorare fiumi di denaro pubblico sfruttando l’immigrazione, condannato a oltre 12 anni di carcere per corruzione e associazione a delinquere, che se ne sta beatamente in libertà in attesa che i giudici ricalcolino la pena ancora da scontare.

Nel frattempo questo signore si è messo a fare il ristoratore, cucinando hamburger che evocano nel nome – Mondo di mezzo, Freddo, Libano, ecc. – i bei tempi andati. L’inchiesta mafia Capitale, insomma, è diventata un Ro-manzo criminale. Eppure quella stagione di crimini, per quanto non giudicati mafiosi, c’è stata, e nel rivendicarla tanto platealmente più che ironia c’è apologia, e il disegno di normalizzare quel contesto. Lo stesso modello usato dalla Meloni per banalizzare le nostalgie fasciste che incrociano il suo partito.

Rapporti che la leader di Fratelli d’Italia nega facendo finta di cadere dal pero, sorvolando sul fatto che ai voti dei fascisti non ha rinunciato, e anzi alle ultime elezioni aveva provato a mandare alla Camera Jonghi Lavarini, il personaggio al centro dell’inchiesta milanese. Un’inchiesta giornalistica (ora anche della magistratura) per cui un leader politico in buona fede non potrebbe che ringraziare la stampa, per il contributo a far chiarezza di certe schifezze, mentre invece Fratelli d’Italia da giorni randella i giornalisti che informano.

Anzi, che “fabbricano inchieste a orologeria”, malgrado i fatti rivelati si riferiscano ad appena pochi giorni prima della pubblicazione. In questo modo le malefatte di Buzzi e dei neofascisti sono trasformate in fatterelli di secondo piano. E noi che ci vergogniamo per loro, in poveri illusi.

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