Solo pochi giorni fa, parlando dei referendum, il presidente della Consulta Giuliano Amato chiedeva ai colleghi parrucconi di non cercare il pelo nell’uovo e lasciare agli italiani la libertà di esprimersi. S’era dimenticato di dirci, però, che le uova non sono tutte uguali, e quelle più attese dai cittadini – eutanasia e cannabis – si possono pure rompere, mentre le altre, per i politici e gli habitué dei tribunali, gliele dobbiamo cucinare (leggi l’articolo).
Così non con un cavillo, ma con autentiche supercazzole, si sono calpestate centinaia di migliaia di firme, con tanti saluti ai malati terminali (tanto si lamentano appena) e ai grandi spacciatori, che continueranno a far soldi con le droghe leggere. Nel caso della Giustizia invece le cose cambiano. La legge Severino, che si allinea alle norme europee facendo decadere i politici condannati, si può archiviare, e nonostante la grancassa che armeranno da oggi in poi le tv e i giornali del Sistema per spingere i cittadini alle urne, già ce le possiamo immaginare le file per salvare gli avanzi della Prima e Seconda Repubblica, e farli tornare a trafficare.
Stessa sorte che attende i restanti quesiti sulla separazione delle carriere dei giudici, la custodia cautelare e le firme per le candidature al Csm (pare che al signor Rossi la faccenda preoccupi più del rincaro delle bollette, mentre alla signora Bianchi non frega più nulla del Covid, ora che ha scoperto questa nuova priorità). E dire che i nodi della Giustizia sono determinati, e per questo andrebbero affrontati con serietà nelle sedi competenti, cioè le Camere, e non chiedendo una crocetta su un Sì, su un No o sul pelo dell’uovo.