L'Editoriale

Un’Ave Gloria per le imprese

Gli imprenditori della Confindustria andati ieri in Vaticano hanno da consumare un bel po’ di Padre Nostro e Ave Maria.

A occhio e croce l’assoluzione non gliel’ha data. E a sentire tutta la ramanzina che si sono presi dal Papa, gli imprenditori della Confindustria andati ieri in Vaticano a farsi benedire adesso hanno da consumare un bel po’ di Padre Nostro e Ave Maria. Ma andiamo per ordine.

La Provvidenza ci ha dato un Pontefice tra i più grandi della storia, un pastore di anime ma anche uno statista capace di parlare di Pace mentre tutti alimentano la guerra, di chiedere perdono per i peccati della Chiesa, di stroncare l’affarismo della curia, di spiegare come pochi che dobbiamo salvaguardare l’Ambiente e di difendere gli ultimi, i poveri, gli sfruttati.

Per questo Francesco è stato definito terzomondista, progressista, comunista, in qualche caso persino eretico da un manipolo di integralisti religiosi che undici volte su dieci nascondono sotto la tonaca vizi e privilegi. Questo è il gigante che ieri ha ricevuto più di quattromila tra manager, capitani d’industria e artigiani.

Uomini e donne che tengono in piedi l’economia del Paese, e per questo sono stati ampiamente ringraziati, ma che hanno tra di loro colleghi distanti da quell’idea di condivisione della ricchezza che fu di Adriano Olivetti, o dell’economista beato Giuseppe Toniolo e del banchiere, beato anche questo, Giuseppe Tovini.

Un mondo dove i dipendenti hanno salari troppo bassi, le donne incinte rischiano il posto, e nessuno si occupa della conseguente denatalità. Tranne poi lamentarsi quando non si trova mano d’opera per le aziende. E possibilmente a basso costo.