L’eldorado del crimine organizzato è la Capitale. Dai siciliani ai Casamonica, sui sette colli non manca nessuno

Sembra passato un secolo da quando si diceva che “a Roma la mafia non esiste”. Un paradigma scardinato dalle recenti inchieste della Procura di Roma e dalle successive condanne, su tutte quelle al clan gestito da Roberto Spada (nella foto), che hanno avuto l’effetto di aprire il vaso di pandora così come emerge dalla relazione della Dia sulle Mafie nel 2019. Un rapporto da brivido in cui si legge che la Capitale, per estensione e collocazione geografica, è “un luogo favorevole per una silente infiltrazione delle organizzazioni mafiose del sud” e viene vista “come un mercato su cui svolgere affari, piuttosto che un territorio da controllare”.

Una piazza nella quale sono fondamentali i rapporti con “una rete di professionisti e di pubblici funzionari compiacenti, necessari per la gestione e il reinvestimento dei capitali mafiosi”. Un territorio in cui c’è spazio per tutti come dimostrato “dall’incremento dei sequestri di patrimoni illeciti” alle cosche ‘ndranghetiste originarie del reggino come Tegano, De Stefano, Gallico, Molè e Piromalli, a quelle legate a Cosa nostra che hanno dimostrato “di saper sfruttare al meglio il complesso tessuto economico della città e di saper fare impresa”. La mafia siciliana si è distinta perché dopo aver lasciato i territori d’origine “ha dimostrato autonomia funzionale, flessibilità e spiccata capacità nell’individuare collaborazioni proficue con politica e istituzioni”.

Così se la ‘ndrangheta si è accaparrata gran parte del mercato degli stupefacenti e del gioco d’azzardo, Cosa nostra ha virato soprattutto sul business degli appalti come dimostrato dalle operazioni a carico dei clan Rinzivillo, Fragalà e Santapaola-Ercolano. La Camorra, con il clan Senese, si è stanziata nel sud di Roma, in particolare a Cinecittà, e lungo il litorale pontino “investendo in: sale giochi, agenzie immobiliari e società di servizi finanziari”. Di fianco a queste organizzazioni tradizionali, si sono imposti però i Casamonica con gli alleati Spada e Di Silvio.

Secondo il report “i diversi gruppi familiari, pur godendo di autonomia operativa, per le questioni di maggior rilevanza fanno ricorso al coordinamento dell’associazione principale” che “dirime questioni relative alle attività di estorsione, usura e spaccio”. Così il clan sinti di Roma est si è strutturato al punto che “emerge un elemento che lo accomuna alle mafie storiche: il controllo del territorio” che “in certe zone risulta capillare” come a “Porta Furba, base logistica del clan” trasformata in una Scampia romana.