Emma Bonino ricoverata in terapia intensiva: le sue condizioni e i precedenti clinici

Emma Bonino è in terapia intensiva al Santo Spirito per insufficienza respiratoria. La leader radicale combatte da anni un tumore

Emma Bonino ricoverata in terapia intensiva: le sue condizioni e i precedenti clinici

Grande paura per Emma Bonino dopo la notizia del suo ricovero in terapia intensiva all’ospedale Santo Spirito di Roma per un’insufficienza respiratoria. Le condizioni sono serie, ma da quanto trapela la leader radicale sarebbe vigile e sotto osservazione costante. La notizia ha suscitato immediata apprensione nel mondo politico e civile, non solo per la gravità del quadro clinico, ma anche per la storia personale e pubblica della protagonista, una figura che negli ultimi cinquant’anni ha inciso sulla vita democratica italiana come poche altre.

Bonino convive da tempo con le conseguenze di una battaglia durissima contro il tumore. Nel 2015 le era stato diagnosticato un microcitoma polmonare, una delle forme più aggressive di cancro ai polmoni. Dopo un ciclo di terapie lungo otto anni, nel 2023 aveva potuto annunciare la conclusione positiva del percorso clinico, un traguardo che lei stessa aveva definito “una vittoria” conquistata giorno dopo giorno. Nell’ottobre 2024, però, un nuovo ricovero per difficoltà respiratorie aveva riacceso l’allarme. Dimessa dopo una settimana, aveva ricevuto a sorpresa la visita di Papa Francesco, segno emblematico di un rapporto costruito nel tempo, nonostante il suo laicismo ostinato e apertamente dichiarato.

Emma Bonino ricoverata in terapia intensiva: le sue condizioni e i precedenti clinici

La salute fragile di questi mesi non ha scalfito l’ombra lunga della sua storia politica. Entrata nel Partito radicale nel 1975, Bonino è stata fra le protagoniste delle campagne referendarie su aborto e nucleare, un terreno in cui la disobbedienza civile affiancava il lavoro istituzionale. Le sue posizioni, spesso considerate estreme all’epoca, hanno spinto il Paese a confrontarsi con temi che pochi avrebbero osato portare nello spazio pubblico. Le battaglie per il diritto delle donne a decidere del proprio corpo, per la liberalizzazione delle droghe leggere e persino per la distribuzione controllata dell’eroina erano parte di una visione coerente, capace di attirare rispetto anche da avversari politici distanti anni luce.

La traiettoria istituzionale, altrettanto densa, l’ha vista deputata per quasi vent’anni, presidente del Partito radicale transnazionale, segretaria, più volte europarlamentare e poi ministra nel governo Prodi. Eletta con la Rosa nel Pugno e successivamente con il Partito democratico, ha ricoperto anche la vicepresidenza del Senato. Una presenza costante, spesso scomoda, che ha saputo tenere insieme militanza, impegno internazionale, campagne contro la pena di morte, iniziative contro la fame nel mondo e una difesa inflessibile dei diritti civili.

Il suo legame con Marco Pannella, compagno di strada e di lotte, si è incrinato negli ultimi anni prima della morte del leader radicale, un distacco vissuto come una ferita reciproca. Nonostante questo, il loro percorso comune resta una colonna portante della storia radicale.