Fari puntati sulle Riforme. Renzi costretto alla conta. Gli indagati dell’Ncd fanno scricchiolare la maggioranza. Sul tavolo il nodo Azzollini

Di cambiare l’Italicum, al momento, non se ne parla proprio. “Non esiste”, va ribadendo il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai suoi più stretti collaboratori perché l’attuale legge elettorale “è ciò che serve all’Italia”. E così la stella polare del governo (a maggior ragione nelle calde giornate del rischio Grexit) sono le riforme. Il premier ne ha parlato anche nella lunga intervista che ieri ha concesso al Sole 24 Ore, dove ha accennato alle sorti della nuova legge elettorale. Che, come ha ribadito, non cambierà. Se si tratta di tattica o melina, in attesa degli eventi, lo scopriremo solo dopo il referendum greco. Nel frattempo le attenzioni del governo si concentrano sui cosiddetti “temi caldi”, come le riforme costituzionali e la Pa, dopo il primo sì alla Buona scuola al Senato. In particolare, sul Ddl Boschi proprio a palazzo Madama bisognerà compiere il prossimo step per consolidare ciò che Renzi va dicendo da tempo: “Le riforme sono il nostro fondo salva Stati”. L’attenzione del premier, quindi, è concentrata sul Senato, dove quest’oggi si deciderà della calendarizzazione delle riforme istituzionali che dovrebbero essere incardinate entro giovedì.

I PROBLEMI DEGLI ALLEATI
Ma sul tavolo del Capo del governo ci sono anche altri nodi da sciogliere, tutt’altro che di facile fattura essendo legati alle vicende giudiziarie di alcuni esponenti del Nuovo Centrodestra, ovvero l’alleato sempre più imbarazzante del Pd. In particolare c’è in ballo il futuro del senatore Antonio Azzollini potrebbe incidere sulla tenuta della maggioranza. Al Senato, infatti, riparte proprio oggi il giudizio della Giunta per le Immunità a riguardo dell’esponente alfaniano sul caso “Divina Provvidenza”. Domani invece dovrebbe arrivare la decisione del Tribunale del Riesame di Bari sull’istanza di revoca della misura cautelare avanzata dalla difesa del senatore Antonio Azzollini, coinvolto nell’indagine della Procura di Trani sul crac della Casa di cura che lo scorso 10 giugno ha portato a 10 arresti. I giudici del Riesame si sono riservati anche le decisioni sugli altri tre indagati nella stessa inchiesta, nei confronti dei quali si sono celebrate le udienze. Più che lecito il dubbio: i senatori faranno prima dei magistrati? Possibile, soprattutto se il Pd, su indicazione di Renzi, deciderà di graziare l’esponente dell’Ncd, magari in cambio di un corposo sostegno sul caso Ignazio Marino che il premier vorrebbe risolvere il prima possibile.

LA TENUTA
Un bel gioco d’incastri attorno al quale si snoda la tenuta del governo e della stessa maggioranza che lo sostiene e che potrebbe investire anche la Sicilia. “Le dimissioni annunciate dalla signora Borsellino, ultime di una lunga serie, confermano che siamo ai titoli di coda di un’esperienza di governo fallimentare che è bene interrompere al più presto se vogliamo tenere ancora accesa una flebile fiammella di speranza per il futuro della Sicilia”, afferma il senatore del gruppo di Area popolare Ncd-Udc, Bruno Mancuso, “il governatore Crocetta, per il suo bene e quello di questa tormentata terra, dovrebbe assumersi le responsabilità del fallimento del suo governo e dimettersi senza esitazioni”. A quel punto potrebbero essere proprio gli alfaniani, con Renato Schifani, a togliere dall’imbarazzo il premier.