Fondazioni politiche, non controlla nessuno. Una Commissione deve monitorare 6mila think-tank. Ma non ha mezzi

In questi giorni, connesso allo scandalo del Russiagate italiano, tanto si sente parlare dell’associazione Lombardia-Russia, il cui presidente è quel Gianluca Savoini, secondo alcuni trait-d-union tra il Cremlino e la Lega di Matteo Salvini. Ma, al di là del caso specifico, l’associazione non è che una delle tante nell’oceano di circa 6mila tra fondazioni e pensatoi collegati, in un modo o nell’altro, al mondo politico. Un mondo che fino a poco tempo fa sguazzava nell’anarchia e nella mancanza pressoché totale di regolamentazione, soprattutto per quanto riguarda bilanci e statuti.

Ed è anche per questo che il governo Conte, su forte impulso del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha deciso di mettere una pezza con la legge Anticorruzione. Con quel provvedimento, infatti, si è deciso di equiparare ai partiti politici anche think-tank e associazioni politiche. Peccato, però, che se sulla teoria non ci sia nulla da eccepire, sulla pratica ci sono pesanti falle. La legge, infatti, ha stabilito che ad occuparsi anche delle associazioni debba essere la stessa “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici” che aveva il compito fino ad oggi di vigilare sul rispetto da parte dei partiti delle varie norme su statuti, rendiconti e contributi.

Peccato che tale Commissione sia un organo composto da cinque magistrati e che gode di una minima dotazione che, con la legge Anticorruzione, non è stata minimamente rinforzata. Il rischio, segnalato già in tempi non sospetti da OpenPolis, è dunque che non sia abbia la forza materiale per monitorare attentamente tutta la rete di associazioni e fondazioni. Un rischio che oggi è la stessa Commissione a confermare. Nella sua relazione di attività pubblicata a fine maggio il messaggio lanciato dall’organo di controllo è chiaro: la dotazione a disposizione non è congrua ai compiti di controllo.

In pratica, l’aumentare delle competenze, collegato al non aver aumentato le disponibilità economiche, nonché di personale della commissione, hanno peggiorato notevolmente la situazione. Anche perché, a detta della stessa Commissione, le realtà associative che dovranno ora essere monitorate dovrebbero aggirarsi intorno a 6mila. Un balzo non indifferente. Minimamente accompagnato da una diversa dotazione economica. Che rischia di rendere lo sforzo contenuto nella norma, assolutamente inutile.