Forza Italia spaccata in tre. Con Silvio è morto pure il berlusconismo

Il partito che faceva da scudo contro i pm al Cav ormai non serve più. Sarà esodo verso Lega, FdI e Terzo polo.

Forza Italia spaccata in tre. Con Silvio è morto pure il berlusconismo

Un solo punto è fermo: un nuovo Silvio Berlusconi in Forza Italia non ci sarà perché con lui è morto il berlusconismo, quell’intreccio di interessi economici e politici che hanno dettato la linea del partito in questi anni. Forza Italia sprofonda nel lutto ma si interroga sul futuro. Il partito è spaccato almeno in tre blocchi.

Un nuovo Berlusconi in Forza Italia non ci sarà perché con lui è morto il berlusconismo, quell’intreccio di interessi economici e politici che hanno dettato la linea del partito in questi anni

La minoranza interna guidata dalla senatrice Licia Ronzulli (che non ha digerito l’essere stata spodestata per mano della “moglie” di Berlusconi, Marta Fascina) vorrebbe un partito meno genuflesso al governo Meloni e da mesi costruisce ponti con Matteo Salvini. Ora che la gratitudine nei confronti del leader non è più un vincolo Ronzulli, ex coordinatrice del partito in Lombardia, potrebbe radunare la sua truppa di parlamentari e di eletti sul territorio e valutare l’ipotesi di un reale avvicinamento alla Lega, anche in contrasto con l’inevitabile (in Forza Italia lo danno quasi tutti per scontata) emorragia in Fratelli d’Italia.

Il secondo blocco, quello che ha la maggioranza del partito, guidato dal duo Tajani-Fascina seguirà i desiderata dei figli di Berlusconi. I figli, l’asset aziendale, il futuro del patrimonio. Il partito Forza Italia deciderà la sua evoluzione (o la sua fine) nel contesto più ampio delle aziende da difendere e del fatturato da proteggere.

Difficile, praticamente impossibile, che Fascina – come si legge da giorni su qualche giornale – prenda in mano le redini del partito. Più facile invece che Antonio Tajani subentri come leader per “mettere le carte a posto”. La figlia che Silvio avrebbe voluto come succeditrice, Marina, non ha intenzione di intestarsi un partito che per lei e i fratelli è solo un ramo d’azienda, per di più improduttivo.

Il partito è stato l’argine contro la magistratura e il mezzo per favorire le aziende. Ora che la giustizia non è più un problema ciò che conta è coltivare rapporti e Marina Berlusconi lo sa fare benissimo. Sono in molti a suggerire che il filo diretto tra lei e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sia oliato, quasi abitudinario. Mentre Gianni Letta si occupa delle trattative fuori scena Marina Berlusconi avrebbe concordato con la leader di Fratelli d’Italia un “ingresso” morbido e centellinato dei parlamentari che controllano Tajani e Fascina per consentire a Meloni di costruire quel partito dei conservatori e dei riformisti italiani che le garantirebbe il consolidamento del potere.

Il terzo blocco è composto dai deputati che andranno in ordine sparso. Nel cosiddetto Terzo polo (dove gli ex berlusconiani sono già di casa) Renzi e Calenda hanno già aperto le porte dei rispettivi partiti, entrambi terrorizzati dal rimescolamento che inevitabilmente si produrrà al centro. Potrà essere la “grande occasione” o potrebbero essere i loro titoli di coda. Renzi, al solito, da settimane ai suoi ripete di considerarsi l’erede naturale di Silvio. Il leader di Italia Viva sa far fruttare meglio di tutti i suoi parlamentari – anche pochi – e punta a diventare indispensabile per la maggioranza (qualsiasi sia la maggioranza) per tornare alla ribalta.

Rimangono però degli interrogativi impellenti che non sono di poco conto. I voti, innanzitutto. Non è un mistero che la forza elettorale di Forza Italia fosse quasi interamente sulle spalle di Berlusconi. Difficile capitalizzare i voti sul ricordo, per quanto possa essere commosso. Nessuno dei maggiorenti di Forza Italia ha una reale base elettorale, esclusi i due presidenti regionali di Sicilia e Calabria che hanno tenuto Forza Italia su percentuali dei vecchi tempi. Renato Schifani è forte del suo 17% in Sicilia e Roberto Occhiuto in Calabria ha raccolto il 21% nelle elezioni che l’hanno eletto governatore.

Nelle trattative per la successione di Berlusconi e per la composizione dei quadri dirigenti entrambi faranno pesare il proprio consenso. Ma chi sosterrà economicamente il partito? Questa è la domanda più gravosa, anche se irrispettosa, a poche ore dal lutto. I figli di Berlusconi si preparano a una fase di successione che si preannuncia complessa. Forza Italia è costata a Fininvest quasi 110 milioni di euro.

Ogni membro della famiglia ha staccato ogni anno un assegno di circa 100mila euro. Ora che lo “scudo politico” non è più urgente il partito rischia di diventare una tassa che nella famiglia Berlusconi molti vorranno eludere. E qui si torna al punto di partenza: la politica, quella vera, era solo un orpello del governare beni privati infilandoli nella cosa pubblica. Forse Forza Italia non esiste già più.