Gas in rubli o rubinetti chiusi. La Russia manda in tilt l’Europa. L’Ungheria approva le condizioni di Mosca. E l’Eni non esclude di aprire dei conti a Gazprombank

Sul pagamento – o meno - in rubli del gas in arrivo dalla Russia regna una gran confusione. La Ue sta ancora definendo la sua posizione.

Gas in rubli o rubinetti chiusi. La Russia manda in tilt l’Europa. L’Ungheria approva le condizioni di Mosca. E l’Eni non esclude di aprire dei conti a Gazprombank

Sul pagamento – o meno – in rubli del gas di Mosca regna una gran confusione. La Ue sta ancora definendo la sua posizione e le affermazioni che arrivano da Bruxelles ancora non contribuiscono a fare chiarezza e soprattutto stanno facendo emergere posizioni e interessi contrastanti tra gli Stati dell’Unione. L’Ungheria si è già chiamata fuori dicendosi pronta a pagare in rubli per garantirsi gli approvvigionamenti.

Gas in rubli, l’Ungheria approva le condizioni dettate da Mosca

“L’Ungheria non ha dubbi sul proprio obbligo di pagare il gas russo nel modo che garantisca la sua regolare fornitura”, ha detto il ministro degli Esteri ungherese Pe’ter Szijjarto. L’esecutivo Ue ha sollecitato in particolare le società europee a non prestarsi a quanto chiesto dal decreto firmato da Vladimir Putin a fine marzo sui pagamenti del gas, aprendo in particolare un secondo conto bancario in rubli dove far transitare il pagamento originario versato in euro (o dollari).

Diverso invece il discorso per i conti correnti in euro presso Gazprombank, che resteranno consentiti, come del resto sono consentiti gli acquisti di gas dalla Russia. Il chiarimento dell’esecutivo Ue ha lasciato però ancora una grande confusione, soprattutto dopo che Mosca ha chiuso i rubinetti a Polonia e Bulgaria per il mancato pagamento in rubli. Il timore è che la lettura degli uffici di Bruxelles su cosa violi o meno le sanzioni si trasformi in un embargo di fatto.

Nell’acquisto di gas russo da parte di una società europea “se il contratto stipulato prevede che i pagamenti vengano fatti in euro o in dollari, l’obbligo della società termina nel momento in cui ha fatto il pagamento in euro o in dollari. Se il pagamento avviene in rubli non stiamo parlando del contratto stipulato e stiamo parlando di un aggiramento delle sanzioni”, ha spiegato il portavoce della Commissione, Eric Mamer.

“La domanda che viene posta è se rispettare il decreto violerebbe le sanzioni. La risposta chiara è sì, e stiamo dando linee guida agli Stati membri per spiegare il perché”, ha aggiunto Mamer riferendosi al decreto russo sul pagamento del gas in cui si chiede alle società europee l’apertura di un secondo conto presso Gazprombank per la conversione in rubli.

La verità, argomenta Mamer, è che le autorità russe hanno messo in atto un sistema molto sofisticato che coinvolge una serie di passaggi e significa che le società pagheranno in una valuta e il loro pagamento verrà convertito in rubli da qualcun altro a un tasso di cambio e con dei tempi “su cui non abbiamo controllo”. L’importo, hanno spiegato fonti Ue, sarebbe “completamente nelle mani delle autorità russe e della Banca centrale russa”, e potrebbe anche configurare un prestito.

Gas in rubli, l’Eni non esclude di aprire dei conti a Gazprombank

In questo quadro nebuloso gli operatori stanno alla finestra e attendono che dall’Ue arrivi un pronunciamento giuridico che faccia finalmente chiarezza. Anche Eni avrebbe valutato la situazione per aprire – quanto meno in via precauzionale – un doppio conto corrente presso Gazprombank, uno in euro e uno in rubli, in modo da poter continuare a rispettare i contratti con Gazprom. Ma l’azienda, che non intende commentare le indiscrezioni, può permettersi di prendere tempo visto che il prossimo pagamento per le forniture all’Italia è dovuto solo nella seconda metà di maggio. Come emerge dalle dichiarazioni di ieri da Bruxelles la situazione è in fieri.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, ha messo in evidenza un’analisi del Center for Research on Energy and Clean Air pubblicata dal Financial Times, la Russia ha esportato combustibili fossili via mare o tramite oleodotti per 63 miliardi di euro, 44 miliardi dei quali verso l’Ue. Tra i singoli Paesi mondiali, invece, i maggiori importatori sono Germania, Italia e Cina.

“Restiamo in preallerta” sul gas, “ma non c’è nessun motivo di andare oltre”, ha affermato il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Che lunedì prossimo sarà impegnato in un Consiglio Energia straordinario, convocato dopo lo stop del gas a Varsavia e Sofia e la confusione sui pagamenti o meno in rubli, mentre resta atteso a giorni il sesto pacchetto di sanzioni. “In uno scenario di interruzione dell’approvvigionamento di gas russo a partire dal 1° aprile, la maggior parte dei Paesi europei non raggiungerebbe l’obiettivo del livello di stoccaggio dell’80 o del 90% il primo ottobre”, ha intanto avvertito Entsog, la Rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas.