Pressing Usa su Israele per la tregua ma Netanyahu non sente ragioni

Gaza senza pace, fallito anche il quinto round negoziale a Doha. Trump furioso va in pressing su Netanyahu, ma Bibi non sente ragioni

Pressing Usa su Israele per la tregua ma Netanyahu non sente ragioni

Come da copione, anche il quinto round negoziale a Doha, in Qatar, per trattare il cessate il fuoco a Gaza tra Hamas e Israele si è concluso con un nulla di fatto. A darne notizia è l’agenzia di stampa saudita Asharq News, secondo cui i dialoghi indiretti, mediati dai diplomatici del Qatar e dell’Egitto, proseguono serrati ma senza progressi significativi.

Anzi, secondo una fonte palestinese che sta prendendo parte alle trattative per giungere al cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e alla liberazione degli ostaggi, la situazione è di “stallo totale” a causa del team negoziale israeliano, che si “limita ad ascoltare anziché negoziare”, per poi dilungarsi in inutili consultazioni su “ogni questione con i funzionari in Israele”.

Sostanzialmente, secondo il funzionario, il team israeliano non “ha l’autorità di prendere decisioni concrete, e questa è una continuazione della politica dilatoria del primo ministro Benjamin Netanyahu, volta a ostacolare qualsiasi potenziale accordo”. Difficoltà che vengono confermate anche dai mediatori arabi, secondo cui “la strada per un accordo è ancora lunga”.

Proprio di fronte a tutto ciò, appare curiosa la posizione del leader israeliano, che in un’intervista a Fox Business ha sorpreso tutti raccontando una storia ben diversa. A suo dire, infatti, “ci sono buone possibilità che si arrivi a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza”, con “un cessate il fuoco di 60 giorni, durante il quale verrebbero restituiti metà degli ostaggi, sia in vita che deceduti”.

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In uno scenario di guerra, è difficile capire dove sia la verità. Eppure, a far dubitare dell’ottimismo di Netanyahu è un articolo di Axios, in cui viene raccontato l’esito del colloquio alla Casa Bianca, durato circa 90 minuti, tra il leader israeliano e Donald Trump. Il presidente americano, infatti, sarebbe molto infastidito dalla riluttanza a trattare dimostrata dalle autorità di Tel Aviv, e lo avrebbe detto molto chiaramente al suo omologo, spiegandogli che è tempo di porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza, che va avanti da oltre 20 mesi.

Il nodo principale che tuttora impedisce di arrivare alla pace è quello del ritiro dell’esercito israeliano (IDF) dalla Striscia, che per Hamas è una condizione irrinunciabile. Sul punto, sempre secondo Axios, Trump avrebbe proposto a Netanyahu di riposizionare le truppe sulle linee stabilite prima che il precedente cessate il fuoco fallisse, lo scorso marzo. Una proposta che, però, non avrebbe convinto Netanyahu, il quale continua invece a sostenere che la sicurezza della Striscia debba restare nelle mani dell’IDF.

Israele bombarda la Striscia: almeno 100 le vittime registrate nelle ultime 24 ore

La sensazione è che, in qualche modo – soprattutto per via dell’incessante pressing di Trump su Netanyahu – la guerra si stia lentamente avviando alla conclusione. Tuttavia, in attesa che la diplomazia riesca a risolvere la situazione, nella Striscia di Gaza continua lo spargimento di sangue. Proprio nel tentativo di piegare definitivamente Hamas, l’IDF da giorni sta ampliando le operazioni militari nella Striscia, dove – secondo fonti mediche locali – le bombe israeliane, nelle ultime ore, avrebbero causato la morte di 105 civili e il ferimento di oltre 530 persone.

Drammatico il bilancio delle vittime a Khan Yunis, dove le bombe israeliane avrebbero causato la morte di almeno 20 persone, tra cui sei bambini. Altre 11 vittime sono state registrate nel brutale attacco al campo profughi di Al-Shati, a Gaza City, mentre almeno 6 persone sarebbero state colpite dal fuoco delle truppe israeliane a Rafah, mentre stavano raggiungendo un centro di distribuzione degli aiuti umanitari. Un attacco brutale che ha scatenato la dura condanna delle Nazioni Unite, che hanno chiesto a Israele – senza però ottenere alcuna risposta – di fermare subito le ostilità e riportare la pace nell’area.