Se ne parla poco ma il fenomeno degli omicidi commessi da minorenni in Italia è una vera e propria emergenza sociale. Nel giro degli ultimi 12 mesi, il numero di assassini commessi da minori è più che raddoppiato: dal 4% del 2023 all’11,8% nel 2024, secondo i dati della Criminalpol. In sostanza si passa dai 14 omicidi commessi da minori nel 2023 (su 340 totali) a circa 35 omicidi commessi da minori nel 2024 (su 319 totali). Un aumento di oltre il 150% in valore assoluto, nonostante il calo complessivo del numero di omicidi in Italia. Anche le vittime minorenni risultano in crescita: dal 4% al 7% del totale.
Una crescita che non può essere ignorata e che impone un cambio di passo. Il tema è tra quelli affrontati al secondo Congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria e Psicopatologia Forense (SIPPF) che si sta svolgendo ad Alghero. Un dato che sintetizza un’emergenza su più fronti – l’abuso di sostanze, i disturbi psichiatrici in esordio, il disagio legato a contesti migratori – che oggi si concentra drammaticamente sui minori. Secondo la SIPPF, questo dato rappresenta il punto di convergenza di una crisi sistemica su cui è assolutamente necessario un intervento delle Istituzioni. Mancano progettualità, visione, finanziamenti e strutture adeguate.
Da qui l’appello degli esperti, gli psichiatri forensi, alle Istituzioni di intervenire con urgenza. “Ad oggi non abbiamo strumenti sufficientemente adeguati a intercettare il disagio giovanile – spiegano i presidenti SIPPF, gli psichiatri Liliana Lorettu ed Eugenio Aguglia -. La psichiatria e la neuropsichiatria infantile sono da molti anni sottofinanziate, la psichiatria per adulti non si occupa dei minori, e i Dipartimenti di Salute Mentale restano troppo frammentati. La mancanza di una presa in carico strutturata, unita all’assenza di luoghi dedicati e personale formato, lascia spazio a esiti estremi e incontrollati, come possiamo leggere dalle cronache dei giornali”.
Gli omicidi commessi da minorenni sono un’emergenza nazionale: secondo Criminalpol nell’ultimo anno sono più che raddoppiati
Un altro nodo critico, che riguarda moltissimo anche i minori, è quello della doppia diagnosi: la coesistenza di un disturbo psichiatrico e uso di sostanze. Secondo una recente revisione sistematica su 48 studi internazionali*, tra gli adolescenti che fanno uso di sostanze circa l’80% presenta almeno un disturbo psichiatrico concomitante, spesso associato a gravi disfunzioni familiari, scolastiche e giudiziarie. Tuttavia, meno del 10% degli articoli analizzati si concentra esplicitamente sulla fascia giovanile: una sottorappresentazione che riflette anche l’assenza di servizi realmente integrati per minori.
“Oggi non esiste una presa in carico integrata tra SERT e Dipartimenti di Salute Mentale: ciascun servizio agisce per compartimenti stagni, con continui rimbalzi che lasciano il paziente solo – spiega la prof. Lorettu -. È una criticità che riguarda l’intero sistema, ma diventa ancora più grave nei minori, dove la doppia diagnosi è in crescita e spesso più difficile da trattare rispetto agli adulti. Mancano protocolli condivisi, strutture ibride, e talvolta persino lo spazio per una valutazione integrata tra neuropsichiatria infantile e servizi per le dipendenze. Una rete di comunicazione tra i due servizi – sottolineano gli esperti – permetterebbe interventi tempestivi, completi e personalizzati, riducendo il rischio di comportamenti devianti e recidive”. La questione migratoria non può essere ignorata.
Gli operatori psichiatrici denunciano da tempo che molti giovani immigrati, appena arrivati in Italia, entrano in contatto con circuiti criminali legati allo spaccio e all’uso di sostanze. “La mancanza di alternative, tutele e prospettive li rende facili prede della devianza – prosegue il prof. Aguglia -. E quando, come spesso accade, questo porta a sviluppare un disturbo psichiatrico, le strutture sanitarie e penitenziarie non sono pronte ad accoglierli. Anche per questo, la percentuale di immigrati irregolari tra gli autori di reato psichiatrici è in aumento, ma il sistema non offre risposte”. “Servono risorse, formazione, strutture intermedie, e soprattutto una strategia coerente – concludono i presidenti Lorettu Aguglia -. Il rischio è che la pressione sociale e istituzionale venga semplicemente spostata da un sistema all’altro, senza mai risolvere nulla”.