di Carola Olmi
Le circostanze della morte non sono mai state chiarite. Ma adesso da fonte Usa arrivano informazioni tragiche sulla prigionia di Kayla Mueller, la cooperante statunitense di 26 anni presa in ostaggio dall’Isis nell’agosto 2013. La ragazza sarebbe stata ripetutamente violentata proprio dal califfo Bakr al Baghdadi. Proprio lei, la prigioniera più preziosa, sarebbe stata costretta a ripetuti rapporti sessuali con il capo dello Stato Islamico, confermando la pratica degli stupri di massa denunciati da tempo dalle diverse etnie in guerra con lo Stato islamico. Gli americani, che i terroristi accusano a loro volta di aver ucciso la ragazza in un raid aereo, basano le loro rivelazioni sulla denuncia di una 14enne yazida, anche lei schiava sessuale dei jihadisti detenuta assieme a Kayla, che però sarebbe riuscita a fuggire. Altre conferme sugli abusi sessuali del Califfo arrivano dalla moglie del tesoriere dell’Isis e responsabile della vendita del petrolio, Abu Sayyaf, che teneva prigioniera la cooperante, prima di essere ucciso in un raid a giugno. La donna catturata dai kurdi, in guerra con il Califfo, avrebbe confermato gli stupri dell’ostaggio durante gli interrogatori che però c’è da immaginare possano essere stati accompagnati da torture. La pratica dello stupro indiscriminato sulle donne delle zone conquistate dall’Isis è però confermata da moltissime testimonianze.