Il ministro del Made in Italy va in confusione sul Made in Italy. Negando, di fatto, che sia una sua competenza. Formalmente, Adolfo Urso non ha tutti i torti: le competenze relative al commercio estero spettano alla Farnesina. Ma è chiaro che quando si parla di dazi e di aiuti alle imprese italiane, proprio quelle che esportano i prodotti del Made in Italy, Urso non può certo tirarsi indietro. Eppure lo fa, probabilmente solo perché non sa come rispondere a chi gli fa notare che le promesse del suo governo sono svanite nel nulla.
Partiamo da quanto annunciato mesi fa – era aprile – da Giorgia Meloni: di fronte ai dazi statunitensi il governo era pronto a reagire e aiutare le imprese italiane stanziando 25 miliardi di euro. Allora, i dazi ancora non c’erano. Oggi sì, con le tariffe al 15% derivanti dall’intesa tra Usa e Ue. Ma quei 25 miliardi sono scomparsi. Nessuna traccia neanche in Manovra. Nessun aiuto per le imprese italiane.
Urso in tilt sui dazi: nessuna traccia dei 25 miliardi promessi alle imprese
E allora Urso, durante il question time al Senato, non ha argomenti per rispondere e – per dirla alla romana – la butta in caciara. Con tanto di botta e risposta con il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. L’ex presidente del Consiglio chiede al ministro proprio dei 25 miliardi promessi da Meloni: “Ci sono o no?”, è la domanda del senatore di Iv. Che sottolinea come queste risorse non risultino dal Dpfp. Urso, preso alla sprovvista, invece di rispondere nel merito si appella a un classico scaricabarile: “Il commercio con l’estero non è una competenza di questo dicastero”, risponde il ministro dando del “saputello” a Renzi. Che replica: “Provo imbarazzo per lei, è arrivato qui a dirci che il Mimit non ha niente a che fare con il Made in Italy di cui lei ha la delega: doveva rispondere a questa domanda e ha risposto con un argomento a piacere”.
A Urso non va meglio neanche sugli altri fronti. Per esempio su Stellantis, con il ministro che si limita ad assicurare che chiederà conto all’azienda se ha rispettato le promesse fatte, senza aver quindi finora controllato. Nessuna rassicurazione concreta da Urso neanche sull’ex Ilva, su cui si limita ad attaccare Arcelor Mittal (“ha provocato danni per quasi 4 miliardi”) e ad assicurare che il governo si oppone allo spezzatino, negando l’ipotesi di una bad company e di una good company.