I jihadisti avanzano in Iraq. Ora le bandiere nere dell’Isis sventolano su Ramadi. Ma trentamila miliziani sciiti sono pronti al contrattacco

La situazione è a dir poco esplosiva. Oltre 500 persone sono morte, tra civili e combattenti, nella battaglia di Ramadi tra l’esercito iracheno e le milizie dello Stato islamico. Il capoluogo della grande provincia di al-Anbar nell’Iraq occidentale è stato conquistato dai jihadisti dopo due giorni di combattimenti per le strade. Scontri che hanno costretto ad oltre ottomila persone di fuggire dalla città. I dati degli sfollati si aggiungono all’enorme esodo di aprile, quando secondo l’Onu almeno 114mila iracheni avevano lasciato Ramadi e i villaggi circostanti per l’avanzata dei jihadisti. Appena presa Ramadi, i jihadisti hanno liberato decine di terroristi dal carcere militare della città.

L’OFFENSIVA
La caduta di Ramadi apre in qualche modo la strada all’offensiva jihadista verso la capitale Baghdad, distante appena un centinaio di chilometri. Nonostante ciò, gli Usa mostrano un prudente ottimismo: “Continuiamo a sorvegliare i rapporti in base ai quali sono ancora in corso intensi combattimenti e la situazione resta incerta e fluida. È troppo presto per fare dichiarazioni definitive a proposito della situazione sul campo in questo momento”, ha affermato la portavoce della Difesa americana, Maureen Schumann, mentre il segretario di Stato americano, John Kerry, si è detto “convinto che quando le forze saranno rischierate e con il passare dei giorni la situazione cambierà”. Una convinzione dettata anche dal fatto che su Ramadi sono entrate molte milizie sciite (almeno tremila uomini delle Unità di mobilitazione popolare, o Hashd al-Shaabi) pronti ad entrare in battaglia con l’obiettivo di aiutare le forze di sicurezza irachene nel riconquistare la città.

LA SCONFITTA
La caduta di Ramadi rappresenta la peggiore sconfitta militare sofferta dal governo iracheno, da quando la scorsa estate è cominciata l’offensiva dei miliziani dello Stato islamico. Finora il premier iracheno, Haider al-Abadi, gli Usa e le autorità religiose sunnite della provincia di al-Anbar avevano evitato di lasciar dispiegare nella zona i gruppi appoggiati dall’Iran, preferendo privilegiare le forze locali. Non a caso, ieri il ministro della difesa iraniano è arrivato a Baghdad per colloqui con il collega della difesa iracheno. Hossein Dehghan “terrà delle consultazioni con il ministro della difesa iracheno, Khaled al-Obeidi”, ha riferito una fonte iraniana, precisando però che la visita era già in calendario. Gli Usa, dato il precipitare degli eventi, avrebbero dato il loro nulla osta all’intervento di milizie di volontari contro l’Isis a Ramadi, comprese quelle sciite alleate dell’Iran, ma a patto che rispondano solo agli ordini del premier Haidar al Abadi. Sul fronte siriano, invece, il contrattacco delle truppe di Assad ha respinto le milizie dell’Isis, costringendole a lasciare i quartieri conquistati della città di Palmira, città patrimonio culturale dell’umanità, la Sposa del deserto, come è chiamata da millenni. Nella battaglia per Palmira sono morti almeno 300 combattenti dei due fronti.