Il Brasile lega le mani ai franchi tiratori. Il Parlamento carioca contro la corruzione. In Italia resta il voto segreto

di Fabrizio di Ernesto

Il Brasile negli ultimi anni ha fatto grandi passi avanti a livello politico ed economico. Nonostante ciò la corruzione continua a rappresentare un problema molto diffuso tra la classe dirigente cui Brasilia sta cercando di trovare una soluzione; anche sotto la spinta dell’opinione pubblica che vorrebbe una classe politica migliore, una svolta che ora potrebbe essere più vicina.
Nella notte tra martedì e mercoledì la Camera dei deputati brasiliana ha approvato, all’unanimità, una proposta di emendamento costituzionale, su cui nel Paese si discuteva da 7 anni, che stabilisce la cancellazione del voto segreto in Parlamento. Decisione storica che ora dovrà essere ratificata dal Senato per diventare definitiva ed effettiva.
La votazione è stata accolta con soddisfazione dai brasiliani che nei mesi scorsi sono più volte scesi in piazza per chiedere l’abolizione di uno strumento che, a loro modo di vedere, era finalizzato a proteggere i deputati corrotti, garantendogli un privilegio davanti alla giustizia.
Il parlamento carioca ha deciso questa svolta dopo che la scorsa settimana la Camera, chiamata a votare la decadenza del deputato federale Natán Donadón, condannato da un tribunale civile a 13 anni di reclusione per associazione a delinquere e peculato, a causa del voto segreto è stata battuta e sconfessata. Durante la votazione in 233 avevano espresso parere favorevole alla decadenza, a fronte dei 257 voti necessari, numero non raggiunto a causa dell’astensione di 41 deputati.
Se ora i Senatori confermeranno la decisioni dei deputati il voto palese diventerà la regola non solo nel Parlamento ma anche nei consigli municipali e in quelli regionali.
La questione indirettamente ricorda l’Italia dove da sempre il voto segreto rappresenta il rifugio preferito dei franchi tiratori; gli esempi più recenti in materia sono quelli relativi alle ultime votazioni per il presidente della Repubblica dove trincerandosi dietro un anonimo foglietto molti rappresentanti del Partito democratico hanno affossato i candidati ufficiali Prodi e Marino.