Il decreto taglia-bollette si ferma a 18 miliardi

Il decreto contro il caro-bollette è atteso giovedì in Consiglio dei ministri, anche se il Mef avrebbe chiesto più tempo.

Il decreto taglia-bollette si ferma a 18 miliardi

La dote su cui ha finora ragionato il Governo Draghi per mettere a terra i nuovi aiuti a imprese e famiglie contro il caro-bollette – attesi giovedì in Consiglio dei ministri (anche se il Mef avrebbe chiesto più tempo) – si aggira sui 10 miliardi.

Il decreto contro il caro-bollette è atteso giovedì in Consiglio dei ministri, anche se il Mef avrebbe chiesto più tempo

Ma le risorse con cui finanziare il decreto potrebbero anche aumentare, trainate dall’aumento delle entrate tributarie: 45.546 milioni di euro a luglio (+1.370 milioni di euro) a cui si dovranno aggiungere gli ultimi dati di agosto e il calcolo degli introiti degli extraprofitti. Ma soprattutto ci sarebbe un eventuale ‘tesoretto’ aggiuntivo su cui ragionare.

A quanto pare ci sono 392 provvedimenti “inattuati” o “scaduti” dal valore complessivo di circa 7,8 miliardi nel 2022: 121 risalenti ai governi Conte e 271 a quello Draghi. Di questi ultimi, 92 sono scaduti, 61 non ancora e 118 sono senza termine, rimarca Palazzo Chigi. Obiettivo: utilizzare tutte le risorse a disposizione.

La Germania, val la pena di ricordare, ha approvato domenica un pacchetto di misure da 65 miliardi di euro per andare incontro a cittadini e imprese piegati dal caro-prezzi. La priorità nel nuovo pacchetto di aiuti verrebbe data alle imprese gasivore e in particolare alle filiere produttive che maggiormente utilizzano il gas. Si studiano crediti d’imposta e bonus ad hoc per pagare il gas e forniture dello stesso a prezzo calmierato.

E ancora: la cassa integrazione gratuita per le imprese costrette a fermare o rallentare la produzione, il potenziamento della rateizzazione delle bollette, nuovi interventi sugli oneri di sistema e sull’Iva.

La norma sugli extraprofitti delle società energetiche dovrebbe essere rivista per poterla applicare meglio, delimitando con più precisione, ad esempio, le operazioni straordinarie e infragruppo coinvolte. Che sia stata scritta male è dato ormai acquisito considerando i ricorsi che sono fioccati da parte delle aziende. Continua intanto la prova di forza muscolare tra Russia ed Europa sul gas.

Il Cremlino tiene il punto: i problemi con le forniture di gas continueranno fino alla revoca delle sanzioni

Il Cremlino tiene il punto: i problemi con le forniture di gas attraverso il Nord Stream continueranno fino alla revoca delle sanzioni che impediscono la manutenzione dei macchinari del gasdotto, ha spiegato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Dunque – la sostanza del discorso – è via le sanzioni o niente più gas. E l’Europa reagisce con durezza. Tra le misure allo studio della Commissione europea per contenere l’aumento dei prezzi dell’energia, ribadisce la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, vi è anche il price cap al gas russo.

E il presidente francese Emmanuel Macron, dopo un colloquio col cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha annunciato un patto di solidarietà sull’asse Parigi-Berlino: per affrontare l’inverno la Francia esporterà gas verso la Germania in cambio di energia elettrica. I mercati reagiscono nervosamente alla guerra in atto. Il prezzo del gas è tornato a volare, toccando nuovamente ad Amsterdam il picco dei 290 euro al megawattora per poi chiudere a 245 euro.

L’Europa è intenzionata a non piegarsi al ricatto di Mosca. Le prime decisioni sono attese nel corso del Consiglio dei ministri Ue dell’energia di venerdì prossimo. Sul tavolo due opzioni principali: un tetto al prezzo del gas e possibili linee di credito d’emergenza per gli operatori del mercato energetico.

In particolare, come emerge da una bozza della presidenza di turno ceca della Ue, si pensa a una limitazione temporanea del prezzo del gas utilizzato per la produzione di energia elettrica e a una limitazione del prezzo del gas importato, oltre a sospensioni temporanee dei mercati europei dei derivati sull’energia.

Nel frattempo l’Iran tenta di approfittare della situazione di crisi, dicendosi pronta a rifornire l’Europa e a soddisfare i suoi bisogni energetici. Ma ad un patto: che l’Occidente rilanci l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, quello stracciato da Donald Trump, e rimuova le sanzioni contro la Repubblica Islamica.

Intanto preoccupa anche la situazione sul fronte delle forniture di petrolio. L’Opec+ ha deciso di tagliare la produzione di 100.000 barili al giorno nel mese di ottobre per stabilizzare il mercato, ritornando così sui livelli del mese di agosto.