Il Lupo perde il pelo, ma non il vizio

di Massimo Vincenzi per Repubblica

Ci sono 569 variazioni della parola “fuck”, sesso in abbondanza, dal sadomaso con prostitute alle orge, nani gettati contro bersagli, donne umiliate in pubblico per scommessa, droghe assortite con la cocaina che ricopre le quasi tre ore di proiezione come in una palla di neve rovesciata: The Wolf of Wall Street, il film della coppia Martin Scorsese-Leonardo Di Caprio, non passa inosservato. Pluricandidato all’Oscar, premiato da ottimi incassi, da quando è uscito il giorno di Natale deve fare lo slalom tra gli applausi ma soprattutto le critiche.

La storia è quella vera di Jordan Belfort, il Lupo, un ex broker che con la sua società di intermediazione a Long Island truffa migliaia di clienti togliendo loro milioni di dollari. La sceneggiatura si basa sulla sua autobiografia ed è qui che incomincia l’arringa, l’accusa è quella di sempre: il cinema non deve rendere bello il male.

Le associazioni delle vittime scrivono ai giornali e vanno ai dibattiti in tv: «Come si fa prendere per buono il punto di vista di un criminale? Avete completamente ignorato le conseguenze delle sue azioni: ci sono famiglie distrutte, padri ammalati di dolore, risparmiatori che hanno perso il lavoro di una vita».
Dicaprio e ScorseseDicaprio e Scorsese

La figlia di uno dei soci di Belfort, Christina McDowell, indirizza una lettera aperta a regista e attore: «Voi siete gente pericolosa. Il film è l’ennesimo tentativo maldestro di rendere simpatico e divertente un mondo di banditi. Ed è ancora più grave farlo in questo momento quando il Paese si sta riprendendo a fatica da altri inganni di Wall Street. Ma che modello culturale rappresentate? State dalla sua parte, consacrate l’ossessione paranoica per i soldi».

Leonardo Di Caprio e Martin Scorsese all’inizio non reagiscono. Lodano il loro progetto: «A Hollywood non lo volevano fare, siamo stati fermi sei anni poi abbiamo trovato un finanziatore indipendente che ha creduto in noi: e abbiamo potuto raccontare tutta la verità senza censure». Poi però cambiano strategia ed è per primo l’attore a farlo con un’intervista a Variety: «Spero che nessuno pensi che abbiamo voluto schierarci con i personaggi, non li giustifichiamo affatto: il nostro è un atto di accusa». Il regista scrive addirittura un comunicato ufficiale: «C’è un tizio di cui vi fidate che vi ruba tutto quello che avete: se non si parla di queste cose, queste cose continueranno ad accadere ».

Il Guardian racconta indignato che nella City, a Londra, gruppi di giovani trader applaudono le scene più irriverenti, a New York si favoleggia di una proiezione presso una famosa banca d’affari di Wall Street interrotta più volte dalle urla di gioia e dalle risate dei broker. Il New York Post scrive di liti nei cinema tra spettatori divisi in opposte fazioni.
the wolf of wall streetthe wolf of wall street

Sull’Huffington Post un blogger arriva a chiedere il boicottaggio: «Lavoratori non andate a vederlo. Questo film esalta le persone che vi rovinano la vita tutti i giorni e che godono nel vedervi arrancare in metropolitana ». Ma il New Yorker lo difende: «Se qualcuno ha bisogno di The Wolf of Wall Street per accorgersi dei rischi della finanza corsara ha problemi dalla testa in su».

Jordan Belfort, che adesso gira il mondo come motivatore, prova a difendersi e sulla sua pagina Facebook annuncia che darà tutti i soldi guadagnati per rimborsare le vittime. Ma il tentativo è un boomerang: «La sua dichiarazione è inaccurata. I rimborsi sono ancora inadeguati e servono azioni legali per ottenerli», replica il portavoce del Dipartimento di Giustizia.

E Joel Cohen, il procuratore che lo inchiodò, spiega al New York Times: «Tutti mi chiedono cosa penso del film. L’arte ha il diritto di esprimersi e prendersi licenze, ma appunto deve essere chiaro che è tutta finzione. L’uomo che abbiamo arrestato noi, non è affatto un eroe carismatico, appena incriminato ha iniziato a collaborare consegnandoci i suoi complici, ci ha confessato di svegliarsi ogni mattina con l’ossessione di truffare qualcuno. Un uomo malvagio, che purtroppo sullo schermo beneficia dello straordinario carisma di Leonardo Di Caprio: persino io ho dovuto faticare per ricordarmi chi è veramente Jordan Belfort».