Comunque la si pensi, è stato un plebiscito. Il governo di Mario Draghi ha ottenuto al Senato 262 sì e soltanto 40 no. Sebbene si resti distanti dal record dei 281 voti a favore al tempo di Mario Monti, è comunque un risultato di tutto rispetto. Ma a far notizia, probabilmente, è soprattutto una piccola fetta all’interno dei 40 no. Ed è la fetta dei dissidenti del Movimento 5stelle che, sordi ai richiami di colleghi e al voto di Rousseau, hanno deciso di mantenere la linea e di votare convintamente no alla fiducia a un governo che non vedevano come il loro. Nel corso della giornata alcuni di loro già avevano avuto modo di parlare chiaramente. E ora saranno espulsi dal Movimento.
L’aveva fatto Mattia Crucioli (“Ovviamente non posso più essere nel M5S, la scelta di campo è radicale”, ha detto il senatore alle telecamere all’esterno del Senato) e l’aveva fatto anche Bianca Laura Granato (“Ho presentato le dimissioni come capogruppo M5S della commissione cultura in Senato. Ho deciso, coerentemente con quello che ho sempre dichiarato, che non farò parte di questa maggioranza diventata una beffa rispetto al principio di autodeterminazione dei popoli che è confluito nell’art. 1 della Costituzione. La dichiarazione di intenti di Draghi è una palese violazione di quel principio. La cosa triste e preoccupante è trovarsi oggi in un Parlamento silente”).
Alla fine i conti parlano di 15 senatori che hanno deciso di votare no al governo Draghi. Tra di loro anche nomi di spicco e che forse nessuno si sarebbe aspettato come Barbara Lezzi e Nicola Morra. In totale i dissidenti che ora verosimilmente dovranno lasciare il Movimento avendo “disobbedito” al voto di Rousseau, sono: Mattia Crucioli, Bianca Laura Granato, Nicola Morra (nella foto), Barbara Lezzi, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Luisa Angrisani, Fabrizio Ortis, Cataldo Mininno, Vilma Moronese, Margherita Corrado, Rosa Silvana Abate, Fabio Di Micco, Virginia La Mura e Silvana Gianuzzi.
A questi si aggiungono altri senatori Cinque stelle assenti al voto (otto) che potrebbero teoricamente andare a rimpolpare la schiera dei dissidenti. I dissidenti, come ha confermato questa mattina con un post su Facebook il capo politico, Vito Crimi, che hanno votato contro la fiducia al governo Draghi, saranno espulsi. “Si collocano, nei fatti, all’opposizione” ha aggiunto Crimi, per tale motivo non potranno più far parte del gruppo parlamentare del Movimento al Senato. “Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo”.
Tra i “governisti”, intanto, serpeggia l’amarezza per la decisione presa dai dissidenti. Che ora potrebbero giocarsi una carta insospettabile: il regolamento del Senato stabilisce che si può creare un nuovo gruppo parlamentare con almeno dieci senatori. Resta, però, l’incognita del simbolo dato che lo stesso regolamento prevede che ci sia un simbolo appunto che è stato presentato alle elezioni politiche. Una norma, questa, che in realtà già Italia viva ha aggirato fondendosi con il Psi. Chissà che la trovata non possa essere replicata pure dagli ormai ex 5 stelle.