Lei ha scritto che Papa Leone non ha fatto nulla per tutelare i palestinesi. Ma cosa sappiamo di quel che avviene dietro le quinte? La diplomazia, si sa, è riservata.
Dino Sciarretta
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Gentile lettore, la diplomazia è riservata ma i fatti sono pubblici. La passività, immobilità o ignavia di Papa Robert Francis Prevost è nei fatti. E questi sono visibili o deducibili per via logica incrociando le evidenze. Il primo fatto è che ad oggi il Papa statunitense non ha mai usato parole di critica, pur velata, a Israele né una presa di posizione netta. La seconda prova indiretta sta nella telefonata di Netanyahu al Papa dopo il bombardamento della chiesa. Un gesto di inattesa cordialità del premier, che invece a Bergoglio e Ratzinger riservò solo atti ostili. Dopo la telefonata il Patriarca di Gerusalemme Pizzaballa ha avuto il permesso di visitare la chiesa colpita, ma i camion di aiuti che portava con sé sono stati brutalmente bloccati fuori da Gaza. E infine lo stesso Pizzaballa ci ha fornito la prova più evidente, dichiarando: “Continuano a ripetermi che devo essere neutrale su Gaza. Venite con me, parlate con la mia gente e poi ditemi che devo essere neutrale. Assistiamo a qualcosa di inaccettabile e inconsolabile, la fame di centinaia di migliaia di persone usata come arma di guerra. Non possiamo accettarlo e chi ha il potere deve porre fine a questo”. La dichiarazione è del 20 maggio: Mr. Prevost è Papa dall’8 maggio. Quindi chi, se non Leone, avrebbe dato quegli ordini a Pizzaballa? La neutralità! Come se il Papa non sapesse che dirsi neutrali tra boia e vittima è un esercizio rischioso per l’immagine di chi lo pratica.