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Imparare dai grandi e inventare. Marco Baldini si è fatto così

I segreti di una voce storica dei nostri network. E i dubbi sui format che oggi vanno per la maggiore.

Pubblicato il 23 Marzo 202323 Marzo 2023 - Aggiornato il 23 Marzo 2023 alle 14:03 di Ubaldo Ferrini
Imparare dai grandi e inventare. Marco Baldini si è fatto così

Una delle voci più amate della radio italiana, con una carriera formidabile, costruita con l’umiltà di imparare dai pionieri della radio. Talenti come Terenzi, Leopardo, Gianni Riso – ci dice Marco Baldini – non ne nascono più o, se succede, purtroppo non fanno radio.

Quali trasmissioni ti hanno fatto innamorare di questo lavoro?
“Nel 1970 ascoltavo “Alto Gradimento”, fui affascinato dal mistero che c’era attorno a quel programma in cui si sentivano le voci più improbabili senza poter vedere le facce dei personaggi alle quali appartenevano. Prima ancora c’era una trasmissione in una radio fiorentina che si chiamava “Il Gambero”, un quiz a premi in cui, ogni volta che si perdeva, il gambero faceva un suono stranissimo e io, da piccolino, immaginavo come potesse essere fatto. Mi sono reso conto che quello che mi attirava della radio era l’immaginazione e la preferivo alla tv in cui, invece, vedevi tutto.”

Cosa manca ai giorni nostri della radio di fine anni ’70?
“Oggi manca tutto. La radio come l’abbiamo intesa sino a oggi per me sta scomparendo. Usiamo tutti gli strumenti possibili e immaginabili per ascoltarla, i telefonini, autoradio, computer, ma non esiste più la radio come elettrodomestico. La gente la sente in macchina, difficilmente in altri momenti. Oggi, purtroppo, editori e direttori non pensano più ai personaggi, e tutti i network si sono omologati; tu senti due dischi di fila e poi lo speaker che lancia il sondaggio se ti piace più il pandoro o il panettone o chiede “raccontatemi cosa avete fatto oggi… I personaggi radiofonici sono quelli che inventano, improvvisano. La radio non è ordine, è disordine mentale (in senso positivo), deve fare ridere e riflettere.

In effetti si sente di tutto…
Non sai fare tv, non sai cantare? Fai radio. E non c’è più voglia di coltivare talenti. La radio oggi sembra un trampolino di lancio per fare poi un’altra cosa. Per me, invece, è un punto d’arrivo. L’unica cosa alla quale potrei paragonarla è il teatro (che ho avuto modo di fare). Se lo speaker c’è o non c’è non interessa, l’importante è che vada avanti il marchio, il format; tutto ciò ha ucciso la fantasia e talenti che sarebbero potuti sbocciare. La definizione giusta di quello che dovrebbe essere lo speaker è usata in America, On air personality, Talenti come Terenzi, Leonardo Leopardo, Gianni Riso, non ne nasceranno più o, se nascono, purtroppo non fanno radio”.

Quindi anche per un giovane talento è difficile emergere?
“Sì perché oggi un ragazzo neanche sta davanti alla radio. Oggi è la rete a fare numeri. Un giovane che ha talento si inventa un format e va su Tik Tok o su Instagram. Gli ascolti che si facevano una volta sono decimati nonostante i toni trionfalistici che si sentono in giro. Tra l’altro non c’è un sistema di rilevazione oggettivo; le indagini fatte al telefono non hanno senso, non sono reali. Soltanto quando applicheranno una sorta di Meter come per la tv che registra tutte le volte in cui viene cambiata stazione, con invio a un centro elaborazione dati, si avrà un sistema di rilevazione veritiero.”

Arrivato a Deejay…
“Esordii il 7/7/1990, la mattina dalle 7 alle 10. Il 7/7/1970 iniziò “Alto Gradimento” e il 7 luglio è San Claudio e fu proprio Cecchetto a portarmi lì. Se non s’è capito, io credo molto nella concatenazione degli eventi. Facevo anche la fascia dell’ora di pranzo. Mi fermavo alle 10, mi scrivevo i testi, un panino al volo, alle 12,45 arrivava Fiorello, gli davo qualche stralcio di testo che avevo elaborato e alle 13 andavamo in onda con “W Radio Deejay”. Fiorello era molto bravo: seguiva sì quelle linee, ma ci metteva molto del suo, improvvisava tanto, c’era un 60% di scritto e un 40% di improvvisato”.

Adesso sei a RID, una radio un po’ diversa…
“Mi diverto a creare una sorta di Radio Baldini, il programma va in onda dalle 17 alle 18,30. L’editrice, Michelle Castiello, mi ha dato campo libero sia per le scelte musicali che per gli argomenti. Sono ritornato a fare la radio come quando iniziai. Mi faccio la regia, non ho il fonico, scelgo io la musica e decido io di cosa parlare, ho il buonsenso di non dire cose che metterebbero nei guai la radio. In quell’oretta e mezza è come se fosse la mia radio. Scelgo un 60% di musica vecchia e un 40% di musica nuova tra emergenti, non metto trap né musica leggera. Quindi o metto un classico (e per classico intendo Verdena, Litfiba, Subsonica, Prozac +, PFM, Area). Per le novità seguo ragazzi italiani che sperimentano, tra questi Pepp1, i Moscow Club, i 1789, gli Zen Circus, i Calibro 35, i Coma Cose, I Segreti di Hansel, Le Mura, Andrea Ra. A mio avviso, fanno tutti musica migliore di quella propinata dai vari network. Se vuoi dare un prodotto diverso devi partire dalla musica. Ho fatto una puntata sulla musica che non si mette in radio, mi sono divertito tanto”.

di Ubaldo Ferrini

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