In arrivo il nuovo provvedimento con le misure anti-Covid. E’ il primo dell’era Draghi ma sarà sempre un Dpcm. Salvini ha già detto che non è d’accordo

In arrivo il nuovo provvedimento con le misure anti-Covid. E’ il primo dell’era Draghi ma sarà sempre un Dpcm. Salvini ha già detto che non è d’accordo

Passeremo una Pasqua in “rosso”? E’ la domanda delle ultime ore, per la risposta bisognerà attendere il prossimo Dpcm, in arrivo probabilmente domani. Resta lo strumento del Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, ma a cambiare, come ha confermato la ministra per gli Affari Regionali, Mariastella Gelmini, nel corso di un incontro con le Regioni, saranno i tempi: “Le nuove eventuali misure di chiusura non scatteranno più dalla domenica, ma dal lunedì successivo. Questo avevano chiesto le Regioni, e lo avevo condiviso, questo abbiamo ottenuto. Così aiutiamo anche le attività economiche che non perderanno il week end di lavoro”.

Resterà anche il sistema a fasce di colori: “Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l’obiettivo principale anche per le prossime settimane e per i prossimi mesi”. L’esecutivo Draghi è al lavoro sul prossimo provvedimento, che entrerà in vigore dal 6 marzo, e a quanto si apprende sarà in linea con le misure di prudenza adottate fino ad oggi.

La ministra Gelmini ha anche anticipato che si sta lavorando “per una graduale riapertura dei luoghi di cultura. Il ministro Franceschini ha avviato un confronto con il Cts per far in modo che, superato il mese di marzo, si possano immaginare riaperture con misure di sicurezza adeguate. E’ un percorso, non è un risultato ancora acquisito. Ma è un segnale che va nella giusta direzione”.

Dal fronte delle Regioni, si dice abbastanza soddisfatto Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni e governatore dell’Emilia Romagna: “A fronte del documento presentato dalle Regioni la scorsa settimana, stamattina sono arrivate alcune prime risposte positive, ma su altri temi occorrono ulteriori riscontri. In particolare, occorre una decisa accelerazione sul piano vaccini, una revisione dei criteri per l’assegnazione delle fasce e una valutazione preventiva sull’impatto delle varianti”.

Per il presidente della Liguria, Giovanni Toti, “le varianti non sono minacce aliene, sono un modo di essere del virus contro cui combattiamo. Basta evocarle come spettro! Se gli strumenti di controllo non sono adeguati modifichiamoli, accorciamo i tempi della raccolta dati, ma bisogna ragionare su numeri reali di posti letto in ospedale e altri parametri concreti e tempestivi”.

Contro misure troppe restrittive si schiera il leader della Lega, Matteo Salvini: “Mi rifiuto di pensare ad altre settimane o addirittura ad altri mesi di chiusura e di paura. Se ci sono situazioni locali a rischio si intervenga a livello locale, ma parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani”.

Di parere opposto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: “Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l’Italia. Prima sono state le mascherine, che erano inutili, ora, cavalcando la stanchezza di tutti, si attaccano le regole per la Pasqua. Quello che è irrispettoso per gli italiani e gli imprenditori è mettere a rischio le loro vite e prolungare all’infinito la pandemia e quindi la possibilità di avere la ripresa economica”.

“Il sistema a colori evidentemente non ce l’ha fatta. In questo momento io sarei per identificare i luoghi maggiormente colpiti soprattutto da varianti, chiudere per un periodo più o meno breve quei luoghi e vaccinare a tappeto in quei luoghi, dopo aver fatto, sempre a tappeto, test per vedere in che condizioni sono i cittadini”. E’ il parere, invece, del primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli.

“Possibilmente – ha aggiunto l’esperto a Sky TG24 – farei qualcosa di simile anche nei luoghi geograficamente vicini a quelli colpiti. Non è facile, è un sistema un po’ cinese, più o meno è stato fatto così in Cina, però funziona e funziona di più delle chiusure indifferenziate, anche parziali, che a quanto pare non risolvono il problema. Poi è evidente che tutti devono essere prudenti: se viene detto in un Dpcm che una cosa può essere fatta, non bisogna fiondarsi a farla tutti insieme”.