In Cina il traffico degli orrori con gli organi dei condannati

di Yulia Shesternikova

La Cina è uno dei paesi in cui la pena di morte è prevista per legge. Nonostante gli appelli di Amnesty International, ogni anno nel paese asiatico si contano oltre 10.000 condanne a morte. Migliaia di reni, fegati e cornee di condannati alla pena capitale sono venduti sul mercato degli organi umani in Cina e nel mondo anche via internet, e rappresentano una fonte di alti profitti per gli ospedali, la polizia e l’elite del Partito comunista cinese. Numerosi siti web locali promettono di fornire un organo entro due settimane dalla richiesta. Secondo le organizzazioni umanitarie la quasi totalità degli organi viene dai corpi dei condannati a morte, ma ci sono molti casi di espianti da persone ancora in vita per mantenere gli organi più integri.

Le torture

Questo traffico fiorisce ogni anno e le torture per ottenere le confessioni persistono. Non esiste la minima garanzia di un processo equo, e spesso gli avvocati della difesa sono intimiditi, picchiati o arrestati. Il numero di esecuzioni capitali è ancora oggi un segreto di stato in Cina. Incutere la paura al popolo è il primo scopo delle esecuzioni, il secondo invece, è l’espianto di organi freschi a scopo di vendita, spesso senza il consenso delle vittime o dei parenti. Le esecuzioni capitali, con la relativa vendita degli organi, sono uno dei fenomini principali derivanti dal mancato rispetto dei diritti umani in Cina. Ma il governo cinese ha sempre negato queste accuse. Purtroppo i mass media presentano l’immagine di una Cina in crescita economica e con un promettente progresso sociale. Ma la dittatura comunista commette iniquità mostruose e sfrutta il proprio popolo a vantaggio di una ridotta cerchia di partito. La questione dell’espianto di organi dai prigionieri giustiziati è rimasta per anni sotto selenzio. Un’ indagine, svolta da un gruppo di giornalisti con la Laogai Research Foundation, rivela in che modo lo stato cinese ha favorito e tratto vantaggio da questo traffico. L’utilizzo della pena di morte è uno strumento politico che sfrutta la paura di chiunque osi solo considerare di opporsi al regime comunista. Secondo la testimonianza di un altissimo funzionario del Ministero per la Salute, gran parte degli organi espiantati provengono da prigionieri uccisi che prima dell’esecuzione sono sottoposti a una serie di esami clinici.

L’esecuzione capitale

Poi viene scelta la modalità della morte del prigioniero al fine di conservare i suoi organi interni. Sparando al detenuto un colpo alla nuca, la morte sopraggiunge a causa del danno cerebrale, mantenendo gli altri organi integri e intatti. Subito dopo l’esecuzione si procede all’espianto di organi. Un’altra raccapricciante testimonianza è quella di un medico di nome Chen Miao, coinvolto nell’espianto dei reni da un prigioniero ancora vivo avvenuto prima dell’esecuzione. Dopo il prelievo degli organi, le ferite sono state ricucite e la condanna a morte è stata eseguita il mattino dopo e i reni trapiantati nei corpi di alti esponenti del partito comunista. Le indagini dimostrano che l’espianto degli organi avviene in assoluta segretezza. Finché la pratica del traffico di organi resterà illegale, non sarà facile tracciare le rotte di questo vergognoso commercio clandestino. L’inchiesta svolta sul fenomeno, riporta storie di persone che da Hong Kong, Singapore, Malesia, Giappone e da altre nazioni approdano in Cina per avere accesso all’enorme riserva di organi provenienti dai prigionieri giustiziati.

Il profitto

Per gli ospedali coinvolti nello spaventoso commercio di organi prelevati dai prigionieri cinesi, salvare la vita mediante il trapianto è considerato uno strumento per generare profitto (una cornea a 30.000$, un cuore a 130.000 $, un polmone tra i 150 e i 170.000$, un fegato tra i 98 e i 130.000$, un rene a 62.000$, un rene e un pancreas a 150.000$). Queste operazioni hanno fatto sì che i più prestigiosi ospedali del paese diventassero complici di uno tra i più ignobili abusi contro i diritti umani. La stampa internazionale, Amnesty, Human Rights Watch e numerosi politici e deputati di vari paesi non si stancano di condannare le esecuzioni capitali e la vendita degli organi dei condannati a morte.