In Puglia Emiliano vuole i grillini in Giunta. Intanto nomina 2 assessori imputati. Ai Cinque Stelle offerta la caselle del Welfare. Ma dovrebbero sedere accanto a due indagati del Pd

Semmai ci fosse stato uno spiraglio, ora è difficile si possa aprire o riaprire. Il governatore pugliese Michele Emiliano ha varato la sua giunta e, nella sua idea, ha lasciato una delega – peraltro non secondaria come quella al welfare – in attesa che il Movimento cinque stelle si pronunci sull’eventualità di entrare nella squadra di governo regionale. Un’eventualità, questa, che la candidata alle scorse regionali e nome di peso del mondo pentastellato pugliese, Antonella Laricchia, ha sempre osteggiato. A spingere a un’intesa è, invece, Rosa Barone, foggiana con una laurea in Farmacia, già presidente della commissione regionale Antimafia e rieletta lo scorso 21 settembre. E sarebbe proprio lei il profilo cui Emiliano avrebbe pensato.

NOMI AUTOREVOLI. Il problema, però, è che nel frattempo tra gli altri che sono entrati in giunta ricevendo specifiche deleghe dal governatore, al fianco di tanti autorevoli nomi illustri, ci sono anche due imputati, due profili dunque che mal si conciliano col mondo cinque stelle. Ma partiamo dai nomi altisonanti. Confermato il nome di Massimo Bray, ex ministro della Cultura e direttore dell’Istituto enciclopedia Treccani: insistere così in maniera aperta sulla cultura sarà di fatto la vera scommessa della Puglia ai tempi del Covid.

Un settore da reinventare attraverso forme nuove nella speranza di un ritorno alla normalità. Il secondo nome esterno, comunque, è quello di Anna Grazia Maraschio, vicina all’ex presidente Nichi Vendola a cui sarà affidata la delega all’Ambiente. Altro nome “di grido” ma abbondantemente atteso è quello dell’epidemiologo Pier Luigi Lopalco che ovviamente si occuperà di Sanità. Via via tutti gli altri, da Raffaele Piemontese (delega al Bilancio e vice presidenza) ad Alessandro Delli Noci (Sviluppo economico).

DOLENTI NOTE. E arriviamo così alle dolenti note. Due infatti sono i nomi, entrambi del Partito Democratico, particolarmente discussi: quello di Donato Pentassuglia all’Agricoltura e Anita Maurodinoia ai Trasporti. Il primo è imputato nel processo Ambiente Svenduto contro i vertici dell’ex Ilva di Taranto con l’accusa di favoreggiamento a Girolamo Archinà, ex potentissimo dirigente della fabbrica nella gestione Riva. Su Maurodinoia, ex vicepresidente del Consiglio provinciale di Bari e consigliera regionale rieletta con decine di migliaia di preferenze, pende una richiesta di rinvio a giudizio: la donna, con il marito Alessandro Cataldo e altri imputati, secondo il pm baresi avrebbe intascato mazzette tra il 2006 e il 2014 da alcuni imprenditori.

Come ricordava ieri Il Fatto Quotidiano, parliamo di generi alimentari, lavori di manutenzione a casa e anche denaro per offrire in cambio appalti. Ed è qui che i retropensieri e i retroscena esplodono tra voci vere e ricostruzioni fantasiose. Quel che è certo, però, è che difficilmente il Movimento cinque stelle potrebbe accettare di sedere vicino a due imputati con accuse peraltro importanti. È ovvio che una persona è da considerarsi colpevole solo quando la sentenza è definitiva, ma è cosa nota quanto conti per il Movimento la specchiata onorabilità. Un punto, questo, che sicuramente Emiliano conosceva bene.

E da qui la domanda: perché allora nominare due imputati? Delle due l’una: o ci sono state pressioni del Pd, oppure li ha voluti Emiliano. In un caso o nell’altro, chi li ha cercati e nominati sapeva bene che la conseguenza sarebbe stata estromettere il Movimento da qualsiasi alleanza. I fatti sono questi. Le parole stanno a zero.