Indagine sul Qatargate, sotto il faro degli inquirenti finiscono i metodi usati dalla giustizia belga nelle fasi iniziali dell’inchiesta

A tre anni dal caso Qatargate, si apre un nuovo filone di indagine in Belgio sui metodi della giustizia: sotto accusa alti funzionari

Indagine sul Qatargate, sotto il faro degli inquirenti finiscono i metodi usati dalla giustizia belga nelle fasi iniziali dell’inchiesta

Sembrava sparita nel nulla e invece l’inchiesta sul Qatargate è tornata sotto i riflettori nella sua fase meno appariscente. Questa volta a far notizia non sono le accuse di corruzione e riciclaggio, ma i metodi adottati dalla giustizia belga nelle fasi iniziali dell’indagine che, di fatto, finiscono nel mirino degli inquirenti. Da ieri, a Bruxelles, è ripreso un nuovo ciclo di udienze che proseguirà fino al 12 dicembre. Questo riesame parallelo, attivato nel settembre 2023 su richiesta degli indagati, vuole far luce su aspetti procedurali finora taciuti e che hanno destato più di qualche perplessità.

Al centro dell’attenzione ci sono le presunte fughe di notizie e la violazione del segreto istruttorio: dopo le denunce formalizzate dagli ex eurodeputati coinvolti — tra cui Eva Kaili, Francesco Giorgi e Maria Arena — è stato aperto un fascicolo contro alcuni alti funzionari presenti ai blitz del 9 dicembre 2022. Il caso più clamoroso riguarda Hugues Tasiaux, ex direttore dell’ufficio anticorruzione belga (OCRC), ora formalmente indagato e rimosso dall’incarico.

Parimenti, è stato ascoltato il capo delle indagini, Bruno Arnold, che insieme a Tasiaux avrebbe coinvolto l’ex procuratore Raphael Malagnini. Nel mirino del riesame ci sono anche le modalità di lavoro degli 007 belgi, le presunte violazioni dell’immunità parlamentare, l’operato del giudice istruttore Michel Claise — costretto a fare un passo indietro per sospetto conflitto d’interessi — e l’affidabilità delle dichiarazioni del pentito dell’inchiesta, ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri.

Indagine sul Qatargate: nuovi accertamenti sui metodi della giustizia belga

Restano invece esclusi da questo filone i temi legati all’ampio uso del carcere preventivo, che pur continuano a essere oggetto di critiche.

Quel che emerge è un quadro dai contorni inquietanti: non solo un’inchiesta di corruzione — con valigie piene di contanti, arresti eccellenti e accuse gravi — ma anche l’ombra di possibili scorrettezze processuali, che rischiano di compromettere la credibilità dell’intero procedimento. A tre anni dai blitz del 9 dicembre 2022, il sistema giudiziario belga è sotto esame. E la magistratura, per ora, conferma: “C’è ancora molto lavoro da fare”.

Il caso Qatargate, dunque, non è soltanto un racconto di corruzione internazionale: è anche — forse soprattutto — una storia sulla fragilità delle procedure, sulla trasparenza della giustizia e sul diritto degli indagati a un processo equo.