L’Inter agevolava i capi della Nord, “perché in una situazione di sudditanza”. A dirlo il Gup che ha condannato i capi ultras nerazzurri e rossoneri

La sentenza della Gup che ha condannato i 16 accusati dell'indagine Doppia Curva parla di sudditanza dell'Inter ai capi della curva Nord

L’Inter agevolava i capi della Nord, “perché in una situazione di sudditanza”. A dirlo il Gup che ha condannato i capi ultras nerazzurri e rossoneri

La società Inter, quella che trattava con il Comune di Milano per la cessione dello stadio di San Siro (e che poi l’ha effettivamente comprato insieme al Milan), “si trovava in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della Curva Nord, finendo, di fatto, per ‘agevolarli’ seppur con riluttanza”. E per “esponenti della Curva Sud” i magistrati intendono un gruppo organizzato, dove il tifo era “un mero contesto materiale di copertura” per i business illegali, con “un rapporto di protezione di matrice mafiosa“, che aveva “l’avallo” del clan della ‘ndrangheta dei Bellocco”.

L’accusa contenuta nelle 300 pagine della sentenza

Una durissima verità che si legge nelle circa 300 pagine di motivazioni della sentenza della giudice Rossana Mongiardo che hanno portato alla condanna – con rito abbreviato – di 16 imputati, tra cui gli ex vertici delle curve di Inter e Milan, Andrea Beretta (oggi collaboratore di giustizia) e Luca Lucci nel processo con rito abbreviato scaturito dalle indagini dei pm della Dda Paolo Storari e Sara Ombra “doppia curva” del settembre 2024.

Otto anni di reclusione sono stati inflitti anche all’altro leader del direttivo nerazzurro Marco Ferdico, mentre Debora Turiello, indicata come la responsabile della gestione della cassa della Nord, ha riportato una condanna a due anni con pena sospesa.

La gup scrive che sul fronte dell’Inter “i personaggi maggiormente coinvolti” in quella “sudditanza” sono stati Paolo Bordogna, il “responsabile sicurezza dello stadio Meazza” per le gare casalinghe dell’Inter, Nicola Ranieri e Paolo Gandinelli, ossia Slo e vice-Slo del club, ovvero le figure incaricate di “tenere i rapporti tra la tifoseria organizzata e la società e le forze dell’ordine”, e Claudio Sala, “responsabile sicurezza della compagine nerazzurra”. Nessuno di loro è stato indagato.

Agevolazioni “in buona fede” perché ignoravano la legge…

La giudice ricorda le intercettazioni e le testimonianze agli atti e spiega, ad esempio, come Gandinelli, sentito il 5 maggio 2020, disse di “aver agevolato la Curva in buona fede, ignorando, malgrado il suo ruolo societario, l’esistenza di disposizioni di legge“.

Così la curva, si legge ancora, “pur non facendo ricorso a minacce esplicite” nei confronti del club “ha fatto leva sulla propria forza intimidatrice”, perché era un “sodalizio organizzato e strutturato, formato da pericolosi pregiudicati”. Con la “violenza”, come ricostruito in tutti i fatti delle imputazioni, garantiva la “sua sopravvivenza economica”. E pure gli stewards, aggiunge la giudice, furono “complici” negli ingressi illeciti degli ultrà allo stadio, anche in occasione dei derby.

Nella Sud, violenza per non spartire i guadagni

Per quanto riguarda la Curva Sud del Milan, invece, la magistrata evidenzia come la “volontà di non spartire con nessuno la gestione e gli introiti” ha “motivato le azioni di intimidazione e di violenza”, assicurando guadagni illeciti, come con la “rivendita dei biglietti”, superiori a “100mila euro all’anno“.

I rapporti lavorativi ed economici tra Lucci e Fedez

Inoltre c’era un “legame” tra l’ormai ex capo della Curva Sud milanista, Lucci, e il rapper Fedez, i quali “condividevano un progetto economico“, e tutto ciò rientrava nell’ambito di “una strategia vera e propria del gruppo” ultrà, che, oltre ad una “inquietante vocazione all’aggressione”, alle violenze e ai business illeciti, aveva “collegamenti con settori del mondo dello spettacolo”, ad esempio attraverso “funzioni di ‘guardia del corpo’ di noti personaggi dello showbusiness”.

Fedez presente al pestaggio di Iovino e gli occhi dei due sull’Old fashion

Nella sentenza è citata anche la vicenda della “spedizione punitiva” e del pestaggio del 22 aprile 2024 ai danni del personal trainer Cristiano Iovino, al quale “partecipavano” Fedez e Cristian Rosiello, ultrà rossonero “in veste di suo bodyguard”. Il rapper, non indagato nell’inchiesta “doppia curva”, ha ottenuto l’archiviazione nel procedimento per rissa. Lucci, interrogato in aula nel processo, ha “riconosciuto di intrattenere affari con Fedez anche in relazione alla discoteca ‘Old Fashion‘ di Milano” e ha ammesso di aver “favorito una soluzione transattiva in merito all’episodio occorso ai danni di Iovino” che non denunciò.

E quegli affari con Emis Killa (ancora indagato)

Il “prestigio” conquistato con la violenza da Lucci, detto “Il Toro”, spiega la gup, poteva “favorire negli affari” sia lui stesso che “i suoi accoliti”. La stessa giudice ricorda come Lucci avesse messo in piedi anche la catena di barberia ‘Italian Ink’ e uno dei negozi, tra l’altro, era anche gestito da “Emiliano Giambelli (in arte Emis Killa)”, rapper, tra l’altro, indagato in un filone di inchiesta sulle curve ancora aperto.