Fermato subito dopo l’atterraggio all’aeroporto di Tel Aviv lunedì, interrogato per sette ore ed espulso su un volo diretto in Grecia, perché accusato di costituire un pericolo per la “pubblica sicurezza” e “l’ordine pubblico” all’alba di ieri. A finire nel mirino delle autorità Israeliane, Don Ferdinando “Nandino” Capovilla, ex coordinatore nazionale di Pax Christi e attuale parroco della chiesa della Resurrezione di Marghera e figura di spicco dell’impegno pacifista in Italia. Don Capovilla era arrivato in Israele per un pellegrinaggio in Terra Santa al seguito della delegazione guidata dal presidente di Pax Christi, monsignor Giovanni Ricchiuti.
Il prete su Facebook: “Una riga per dire che sto bene”
Mentre il resto del gruppo ha potuto proseguire verso Gerusalemme, don Capovilla è stato trattenuto e interrogato, per poi ricevere un ordine di espulsione e l’imbarco forzato su un volo per la Grecia. Ieri, con un messaggio su Facebook aveva confermato di stare bene e di essere in procinto di lasciare Israele: “Una riga per dire che sto bene”.
E aveva aggiunto: “Dite a chiunque scriva che basta una riga per dire che sto bene, mentre le altre vanno usate per chiedere sanzioni allo Stato che tra i suoi ‘errori’ bombarda moschee e chiese, e dei cui orrori si continua a fingere che siano solo esagerazioni”. L’episodio per il sacerdote deve essere occasione per parlare non della sua vicenda personale, ma “delle ingiustizie e del genocidio in atto in Palestina, inclusa Gaza ridotta in macerie”.
L’Ue: “Israele deve autorizzare tutti gli aiuti e le Ong”
Ieri intanto Unione Europea, Regno Unito e Giappone hanno denunciato una situazione di “carestia” a Gaza, e hanno invocato un’azione “urgente” per porvi fine. In particolare i Paesi sostengono che Israele deve autorizzare tutte le spedizioni di aiuti e sbloccare l’attività delle Ong essenziali. “La crisi umanitaria a Gaza ha raggiunto livelli inimmaginabili. Una carestia si sta dispiegando davanti ai nostri occhi”, si legge nella dichiarazione congiunta di Ue e 24 Paesi, firmata anche da Canada e Australia.
“Basta armi a Tel Aviv”
Sempre ieri il Consiglio d’Europa ha esortato i suoi Stati membri a interrompere le consegne di armi a Israele qualora queste possano essere utilizzate per violazioni dei diritti umani nella Striscia di Gaza. “Occorre fare tutto il possibile per prevenire e affrontare le violazioni dei diritti umani internazionali nel conflitto. Ciò include l’applicazione degli standard legali esistenti per garantire che i trasferimenti di armi non siano autorizzati laddove vi sia il rischio che possano essere utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani”, ha affermato Michael O’Flaherty, commissario per i diritti umani del Consiglio.
Intanto dalla Germania arriva lo stop agli armamenti
L’appello è arrivato dopo l’annuncio della Germania della sospensione dell’invio di armi a Israele, a seguito dell’approvazione del piano per l’occupazione totale di Gaza. Una scelta quella del cancelliere Friedrich Merz (la Germania è il Paese più filo-israeliano d’Europa, insieme all’Italia) duramente criticata da Tel Aviv: “I rapporti tra Berlino e Tel Aviv sono davvero messi a dura prova”, ha detto l’ambasciatore israeliano a Berlino, Ron Prosor.
Per il diplomatico invece di discutere del disarmo di Hamas, il dibattito si sarebbe spostato sul disarmo di Israele. “Questa è una festa per Hamas”, ha proseguito, mettendo in guardia dal fatto che “lasciare Israele senza difesa, senza armi” significherebbe “lasciare il Paese indifeso”.
Meloni telefona a Bin Salman
E in tutto ciò, il governo italiano che fa? Ieri la premier Giorgia Meloni ha avuto una conversazione telefonica con il principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita, Mohamed bin Salman. Come spiegato da Palazzo Chigi: “la conversazione ha permesso di condividere gli ultimi sviluppi del conflitto a Gaza. I due Leader hanno espresso preoccupazione per le più recenti decisioni israeliane che appaiono andare verso un’ulteriore escalation militare, sottolineando l’opportunità di giungere, senza ulteriori ritardi, alla cessazione delle ostilità per porre fine alla drammatica situazione umanitaria della Striscia e avviare la ricostruzione di Gaza dove, ha sottolineato il Presidente del Consiglio, il ruolo delle Nazioni arabe resta fondamentale”.
“Nel concordare che solo un processo politico verso una soluzione dei due Stati potrà condurre ad una pace giusta e di lungo periodo”, si legge ancora nella nota, “il Presidente Meloni ha evidenziato, come già fatto ieri al Presidente Abbas, la necessità che Hamas rilasci immediatamente e incondizionatamente gli ostaggi e accetti di non poter avere un ruolo nel futuro della Striscia”.
In sintesi, nulla di nuovo. E infatti l’Italia a oggi non ha ancora né riconosciuto lo stato di Palestina, né ha annullato i protocolli di cooperazione militare con Tel Aviv, né ha bloccato l’invio e il transito di armi verso Israele.