Israele, nuova ondata di proteste contro la guerra a Gaza: blocchi stradali e cortei a Tel Aviv

Israele, nuova ondata di proteste contro la guerra nella Striscia di Gaza: blocchi stradali e cortei a Tel Aviv

Israele, nuova ondata di proteste contro la guerra a Gaza: blocchi stradali e cortei a Tel Aviv

Una giornata di proteste senza precedenti sta paralizzando Israele. Migliaia di manifestanti sono scesi in strada per chiedere la fine dei combattimenti a Gaza e un accordo per il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.

Le manifestazioni, organizzate dall’Hostages and Missing Families Forum, sono iniziate alle 6:29 del mattino, l’orario esatto in cui Hamas lanciò l’attacco del 7 ottobre 2023, e hanno preso il via davanti all’ambasciata statunitense di Tel Aviv, dove i manifestanti hanno srotolato bandiere israeliane.

Blocchi stradali in tutto il Paese

Le proteste si sono rapidamente estese ai principali snodi stradali del Paese. L’autostrada Ayalon, una delle arterie più importanti di Tel Aviv, è stata bloccata in direzione sud. Sulla Route 2, nei pressi di Yakum Junction, i manifestanti hanno acceso un incendio in mezzo alla carreggiata, costringendo le autorità a chiudere il traffico. Anche la Route 1 e la Route 443, che collegano Tel Aviv a Gerusalemme, risultano parzialmente interdette.

Secondo i media locali, la mobilitazione proseguirà per l’intera giornata con una serie di eventi a Tel Aviv e in altre città israeliane. Il momento clou sarà in serata, con una marcia dalla stazione ferroviaria Savidor fino alla piazza degli ostaggi, dove si terrà la manifestazione finale.

La voce delle famiglie degli ostaggi

Le proteste sono alimentate dalle testimonianze dei parenti dei circa 50 ostaggi ancora prigionieri a Gaza, di cui una ventina presumibilmente in vita. Le famiglie accusano il governo di Benjamin Netanyahu di non aver fatto abbastanza per raggiungere un accordo con Hamas.

Tra le voci più critiche c’è quella di Einav Zangauker, madre di Matan, uno degli ostaggi: “Dopo 690 giorni di guerra senza un obiettivo chiaro, è evidente che il primo ministro teme una cosa: la pressione pubblica. Il governo ha attaccato i sopravvissuti e le famiglie degli ostaggi nel tentativo di ridurli al silenzio”.

Zangauker ha poi rivolto un appello diretto alla popolazione: “Abbiamo una nazione meravigliosa, ma non c’è un governo. Solo con la nostra forza possiamo raggiungere un accordo globale e porre fine alla guerra. Il governo li ha abbandonati, ma la nazione li riporterà indietro”.

Proteste davanti alle case dei ministri

In mattinata gruppi di manifestanti si sono anche radunati davanti alle abitazioni di diversi ministri, chiedendo con forza che l’esecutivo si impegni per un cessate il fuoco e un’intesa con Hamas.

La mobilitazione di oggi appare come una delle più estese dall’inizio della guerra a Gaza e segna un punto di svolta nella protesta civile contro la linea dura del governo.

Una crescente pressione interna

Mentre il conflitto continua a devastare la Striscia di Gaza, la società israeliana si mostra sempre più divisa. Da un lato, la leadership politica difende la necessità di mantenere alta la pressione militare su Hamas. Dall’altro, cresce l’insoddisfazione di una parte consistente della popolazione che chiede una soluzione negoziale e il ritorno degli ostaggi.