Israele torna a bombardare i civili in fila per ricevere gli aiuti umanitari. Intanto Netanyahu annuncia di aver formulato una proposta di pace ad Hamas

Israele torna a bombardare i civili in fila per ricevere gli aiuti. Poi, però, Netanyahu annuncia una nuova proposta di pace

Israele torna a bombardare i civili in fila per ricevere gli aiuti umanitari. Intanto Netanyahu annuncia di aver formulato una proposta di pace ad Hamas

Ancora bombe di Israele sui civili in fila per ricevere gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Passano i giorni e, purtroppo, continuano i quotidiani “incidenti”, come spesso e volentieri li definisce l’esercito israeliano (Idf), l’ultimo dei quali – secondo quanto riferisce la Protezione Civile di Gaza all’agenzia di stampa Wafa – avrebbe causato la morte di 31 palestinesi e decine di feriti nei pressi del checkpoint di Netzarim, nella parte centrale dell’enclave palestinese.

Un episodio grave, condannato dalla comunità internazionale, che ha spinto l’Idf ad annunciare l’avvio di un’indagine per accertare se le cose siano andate come raccontato da Wafa e per verificare eventuali responsabilità da parte dei militari di Tel Aviv.

Al momento, l’esercito riferisce soltanto che “le truppe hanno sparato colpi di avvertimento verso sospetti che avanzavano, rappresentando una minaccia per le truppe stesse, nella zona del Corridoio di Netzarim. Questo, nonostante gli avvertimenti che l’area è una zona di combattimento attiva”, senza però confermare la presenza di vittime. Ma queste 31 vittime non sono le uniche registrate nella giornata di ieri. Con l’offensiva israeliana ancora in pieno corso, Al Jazeera riferisce infatti di altri 30 morti sotto le bombe nella Striscia di Gaza.

Israele torna a bombardare i civili in fila per ricevere gli aiuti umanitari. Poi, però, Netanyahu annuncia di aver formulato una proposta di pace ad Hamas

La guerra nella Striscia di Gaza, con le sue indicibili atrocità, sembrerebbe destinata a durare a lungo. Eppure qualcosa si starebbe muovendo: secondo quanto riferisce l’emittente israeliana Army Radio, il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro degli Affari Strategici Ron Dermer e il ministro della Difesa Israel Katz avrebbero concordato la risposta ufficiale di Israele alla controproposta di Hamas.

La controproposta risale a circa due settimane fa, quando il movimento palestinese aveva chiesto alcune modifiche al piano statunitense promosso dall’inviato speciale USA Steve Witkoff per un cessate il fuoco duraturo e per il rilascio degli ostaggi. Stando a Army Radio, la risposta di Tel Aviv sarebbe già stata inoltrata ai mediatori di Egitto, Qatar e Stati Uniti, che a loro volta dovranno trasmetterla ad Hamas. Quest’ultimo, nel giro di pochi giorni, dovrebbe far sapere se accetterà o respingerà l’ennesimo tentativo di pace.

Al momento, il contenuto della proposta israeliana non è stato reso noto. L’unica certezza è che Hamas aveva rifiutato il piano Witkoff perché privo di garanzie sul fatto che, al termine della tregua di 60 giorni (durante i quali è prevista la consegna di 28 ostaggi, 10 dei quali ancora in vita), Israele non avrebbe ripreso le ostilità come se nulla fosse.

Le provocazioni all’Iran e al Libano

Difficile dire se questa volta la trattativa potrà andare in porto. Quel che è certo è che il ministro delle Finanze israeliano e leader dell’estrema destra, Bezalel Smotrich, ha dichiarato che “non può esserci alcuna pace finché Hamas non sarà definitivamente sconfitto”. Parole reiterate anche dal collega Itamar Ben-Gvir, anch’egli esponente dell’estrema destra, che hanno spinto Norvegia, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda a imporre sanzioni personali contro i due fedelissimi di Netanyahu.

Una decisione che ha fatto infuriare Smotrich, il quale ha ordinato al suo ufficio di annullare un accordo cruciale per il sostentamento dell’economia palestinese: la revoca dell’indennità riconosciuta alle banche israeliane per mantenere rapporti operativi con le banche palestinesi.

Nel frattempo, la tensione in Medio Oriente continua a salire: da un lato le minacce israeliane di un attacco preventivo al programma nucleare iraniano, dall’altro l’incursione in territorio libanese di decine di soldati israeliani e bulldozer, considerata dall’opinione pubblica internazionale come l’ennesima violazione dell’accordo di cessate il fuoco siglato a novembre con Hezbollah. Un’operazione che Israele giustifica come necessaria alla creazione di una nuova area cuscinetto, ma che rischia soprattutto di riaccendere il conflitto con il gruppo sciita filo-iraniano.