L’Italia gialla e più libera. Le prossime due settimane saranno cruciali. Il 15 riaprono gli impianti sciistici. E sul caso Sardegna il Tar dà ragione al Governo: resta arancione

L’Italia gialla e più libera. Le prossime due settimane saranno cruciali. Il 15 riaprono gli impianti sciistici. E sul caso Sardegna il Tar dà ragione al Governo: resta arancione

Al via la zona gialla, da ieri, e al via anche gli assembramenti, dall’altro ieri. Sì, perché, se si può uscire a fare una passeggiata, gli italiani non se lo fanno ripetere due volte. In tutto il paese, con il sole o con la pioggia, in migliaia si sono riversati nei centri storici a passeggiare o a fare acquisti nei negozi. Eppure quelle che abbiamo davanti sono due settimane determinanti per decidere su eventuali nuovi alleggerimenti delle misure. In primis per gli spostamenti tra le regioni che, per il momento, sono bloccati fino al 15 febbraio. Lo stesso giorno è fissata la riapertura degli impianti in montagna. Ma anche la ripresa dei concorsi con un massimo di 30 persone.

LO SCENARIO. Dopo l’allarme lanciato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts), Agostino Miozzo (nella foto), sui rischi causati dagli assembramenti, l’attenzione è puntata sull’andamento dei contagi. In base ai numeri dei positivi al Covid 19 e soprattutto alla tenuta delle strutture sanitarie si deciderà infatti se rispettare le tre scadenze già fissate per metà febbraio: riapertura dei confini regionali, riapertura degli impianti sportivi, ripartenza dello sport, ripresa dei concorsi della pubblica amministrazione

Il Dpcm rimane in vigore fino al 5 marzo e si procede in base al sistema dei colori, ma in caso di risalita della curva epidemiologica c’è il rischio che tutto si fermi di nuovo. Se l’indice Rt continuerà a rimanere sotto l’1, come è accaduto nell’ultimo monitoraggio settimanale, quando era a 0,84 è possibile che si decida di consentire gli spostamenti anche per altri motivi, oltre a lavoro, salute e urgenza, ad esempio per turismo.

Rimane la possibilità di andare nelle seconde case ma come specificato nelle Faq pubblicate dal governo “dal 16 gennaio 2021 le disposizioni in vigore consentono di fare rientro alla propria residenza domicilio o abitazione senza prevedere più alcuna limitazione rispetto alle cosiddette seconde case. Pertanto proprio perché si tratta di una possibilità limitata al rientro è possibile raggiungere le seconde case anche in un’altra regione o provincia autonoma o anche da o verso le zone arancione o rossa solo a coloro che possono comprovare di aver effettivamente avuto titolo per recarsi nello stesso immobile anteriormente all’entrata in vigore del decreto legge 14 gennaio 2021”.

Il 15 è fissata anche la riapertura degli impianti da sci. Questa settimana le regioni dovranno inviare al Cts le linee guida per evitare gli assembramenti, che dovranno essere validate dagli scienziati. In particolare dovranno essere previsti ingressi contingentati sia sulle cabinovie, sia sulle piste attraverso il numero chiuso degli skypass. Regole strette anche per i rifugi, che devono seguire i protocolli di bar e ristoranti, e per gli alberghi di montagna che sono aperti ma possono avere attivi i servizi di ristorazione solo per i clienti che alloggiano all’interno.

LO SPORT. Rimane aperto il confronto tra il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, e il Cts per la ripresa degli altri sport. Secondo il Dpcm “a decorrere dal 15 febbraio 2021 sono consentite le prove selettive dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni nei casi in cui è prevista la partecipazione di un numero di candidati non superiore a trenta per ogni sessione o sede di prova, previa adozione di protocolli adottati dal Dipartimento della Funzione Pubblica e validati dal Cts”.

Se da un lato si guarda avanti e si sogna la fine delle limitazioni e maggiori riaperture, dall’altro lato le immagini degli assembramenti soprattutto nelle grandi città hanno provocato non poche reazioni. Uno scambio di battute al vetriolo tra il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, e il presidente dei Comuni italiani (Anci) Antonio Decaro. Il tecnico ha, infatti, sollecitato i sindaci a fare di più: “Devono vigilare, non posso vedere Via del Corso a Roma così piena. O i Navigli a Milano. I Comuni facciano qualcosa“. Parole che non sono affatto andate giù a Decaro, che oltre a rappresentare l’Anci è sindaco di Bari: “Dare la colpa ai sindaci sta diventando il nuovo sport nazionale”, commenta in una nota.

“Miozzo, che ci accusa di immobilismo di fronte agli assembramenti nelle città, sembra impegnato in un disperato tentativo di allontanare da sé le responsabilità e addossarle sugli obiettivi più facili, quelli che per natura e per senso del proprio dovere, sono abituati a esporsi in prima persona”. Poi Miozzo tenta, invano, di spegnere le polemiche, chiarendo di non aver “contestato i sindaci”, ma di aver “fatto un appello” affinché “aiutino il sistema” dei controlli.

IL CASO SARDEGNA. Il Tar, infine, si è pronunciato questa mattina sul ricorso presentato dalla Regione Sardegna in merito alla zona arancione decisa dal Governo. Il tribunale ha dato ragione al ministro Speranza e con un decreto monocratico si è deciso per la permanenza delle restrizioni volute dall’esecutivo nazionale con un’ordinanza del 22 gennaio. Ieri i chiarimenti arrivati dal Ministero e questa mattina la decisione sulla base della documentazione analizzata.