Tutti appesi a una sentenza. Il Paese rischia lo stallo. Cruciale la decisione sulla costituzionalità dell’Italicum

Tutti appesi a una sentenza. Il Paese rischia lo stallo. Cruciale la decisione sulla costituzionalità dell'Italicum

A vederla in maniera distaccata, sembrerebbe solo una sentenza su una legge elettorale. Un pronunciamento importante della Corte costituzionale, una questione tecnica da valutare inforcando gli occhiali da fini giuristi che in punta di diritto esprimono un giudizio. Ma, nel mondo reale, quello di oggi – salvo ulteriori slittamenti – non sarà un verdetto cruciale solo per la legislatura e per un manipolo di parlamentari abbarbicati a un vitalizio che, tra le altre cose, in molti prenderanno  eventualmente dopo i 60 anni. Tutt’altro: la decisione della Consulta avrà un risvolto politico fondamentale. Sarà decisiva. Per questo dalla Corte dovrà uscire una legge elettorale omogenea a quella del Senato per garantire un rapido ritorno alle elezioni. Perché il voto in primavera è la condizione necessaria per la tenuta del sistema-Paese, profondamente sfibrato nel tessuto sociale e sempre più indebolito in quello economico. Con delle simili premesse, un altro anno di governicchio è un lusso che non ci si può permettere. Pure perché il 2017 è l’anno delle elezioni in Germania. A differenza del passato, l’esito non è prevedibile: Angela Merkel rischia di perdere lo scettro di cancelliera e di conseguenza di Regina d’Europa. Così, indossando le lenti della storia, con la Brexit potrebbe essere iniziato il processo di sgretolamento dell’Unione europea. Certo, è difficile formulare una previsione che non risulti azzardata. Ma non è fantascienza immaginare una disintegrazione dell’euro, come ha detto l’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, proprio sotto l’impulso di Berlino.

Riformismo – L’Italia non può andare in battaglia con un condottiero rabberciato: a Palazzo Chigi occorre una guida solida per dare prima di tutto respiro agli italiani e poi pigiare il piede sull’acceleratore per rinvigorire la ripresa. Insomma serve, molto semplicemente, un Governo riformista fino al midollo che possa liberare il Paese dalle incalcolabili incrostazioni burocratiche che – tanto per fare un esempio  attuale nella sua drammaticità – rendono difficili addirittura la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto. Tuttavia l’elenco potrebbe continuare fino allo sfinimento. Basta leggere qualche dato per avere un quadro chiaro: l’economia cresce di uno zerovirgola, peraltro con stime costantemente viste al ribasso, e la disoccupazione ondeggia verso un calo, ma senza una reale creazione dei posti di lavoro necessaria a far gridare alla svolta.

Anche per questo un pronunciamento ambiguo della Consulta sulla legge elettorale, incapace di  consegnare un verdetto chiaro, porterebbe con sé il carico insopportabile di aver rallentato l’eventuale salvezza di un Paese, che vede diminuire giorno dopo giorno l’ossigeno da cui attingere. I cittadini hanno pure lanciato un messaggio alla classe dirigente con il referendum: la situazione è difficilissima, serve perciò un cambio di passo drastico. E questo Parlamento non è in grado di realizzare granché, al massimo può fare qualche operazione di maquillage. Del resto era una storia nota osservando  le modalità in cui è nato: dalle urne è uscito un pareggio. Qualcosa può cambiare solo eleggendo i nuovi rappresentanti: una pattuglia di deputati e senatori che nella prossima legislatura dovrà sedersi intorno al tavolo per una fase davvero costituente, basata su un confronto sincero e senza strappi. Il “no” del 4 dicembre ha seppellito la stagione della politica a trazione renziana, ma non ha mandato al macero il desiderio di cambiamento: anzi in quell’espressione popolare era contenuta la volontà di cambiare lo stato delle cose, incarnato in quel momento dal Governo di Matteo Renzi.

Euro burocrati – La debolezza dell’Italia, peraltro, rafforza ulteriormente l’Europa dei burocrati, che di fronte a un’economia in affanno chiede altri tagli infischiandosene dei problemi reali. Perché per i leader di Bruxelles, sotto il dettato della Germania merkeliana, conta più la riduzione del deficit di qualche zerovirgola, rispetto alle esigenze di persone che affrontano l’inverno in un container con temperature sotto lo zero sulla colonnina di mercurio. È davvero crudele l’immagine della Merkel che ha parlato di solidarietà ai terremotati, nella conferenza stampa con Paolo Gentiloni, ma nel frattempo ha ribadito l’impostazione tutta rinserrata sull’austerità. Quando quest’oggi i giudici della Corte si riuniranno seguendo i loro riti, dovranno certamente rispettare i sacri principi del Diritto, in ossequio al ruolo che svolgono per Costituzione. Ma, prima di tutto, hanno il dovere di ricordarsi che al di fuori dei fortini del Potere esiste un Paese reale, che mai come questa volta vuole esercitare il proprio diritto di voto.